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21 novembre 2024

Vittorio Veneto

E Vittorio diventò Fascista

La ricostruzione del fenomeno fascista di Vittorio Veneto in tre volumi a cura dell’ISREV

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mussolini vittorio veneto

E Vittorio diventò Fascista. Sarà presentato ufficialmente alla cittadinanza giovedì 5 Dicembre 2024, alle ore 20.30, presso l’Aula Magna del Seminario Vescovile di Vittorio Veneto, l’ultimo lavoro dell’ISREV a firma del direttore scientifico Pier Paolo Brescacin dal titolo “E Vittorio diventò Fascista”, ovverossia la ricostruzione dell’epopea fascista cittadina dagli anni 1922 al 1945. Ne parleranno con l’autore il prof. Raoul Pupo, professore emerito di storia contemporanea dell’Università di Trieste e Giampaolo Zagonel, presidente di Serravalle Viva, nonché autore di varie pubblicazioni su Lorenzo Da Ponte. La presentazione del lavoro si inserisce nella rassegna di eventi promossa dall’ISREV sulla storia locale con il patrocinio dell’Amministrazione Comunale. L’ingresso è libero. 

 

Parlare di Fascismo in generale e anche del Fascismo a Vittorio Veneto non è facile. Perché c’è il rischio di leggere l’esperienza fascista alla luce dell’antifascismo, con la conseguenza di approdare a una ricostruzione tranchant di quell’esperienza, quasi una specie di male assoluto, che ha corrotto improvvisamente un corpo sano della Nazione. In tale prospettiva viene confermata la sostanziale estraneità della popolazione al fenomeno fascista; popolazione che ha dovuto subire questa imposizione cui era contraria, assecondandola esteriormente ma non per intima convinzione e partecipazione. Anche i protagonisti di quell’esperienza sono stati additati come irriducibili nemici anche dopo morti, deformandone i tratti fino a negarne ogni umanità, senza operare le debite distinzioni tra protagonisti, comprimari e semplici comparse di quell’esperienza e distinguere meriti e i demeriti e le responsabilità personali di cui furono portatori nel corso di quegli anni.

 

Di contro, e in senso diametralmente opposto, c’è il pericolo di scivolare in una ricostruzione edulcorata e sostanzialmente falsa dell’evento, che viene visto come una dittatura tutto sommato benigna, all’acqua di rose, più paternalistica che repressiva, alla quale si può ascrivere anche qualche tratto di illiberalità, ma che sostanzialmente ebbe meriti rilevanti nella storia del nostro Paese e che sarebbe durata più a lungo se non avesse adottato le leggi razziali e avesse fatto entrare l’Italia in guerra. Tant’è che molti, di fronte a ritratti così contrastanti, rinunciano a capire cos’è stato effettivamente il Fascismo e preferiscono rifugiarsi nell’interpretazione che più risponde ai loro desiderata o meglio si adatta alle varie situazioni in cui si trovano ad operare. Da tempo storici come Renzo De Felice e il suo allievo Emilio Gentile, per fare alcuni nomi hanno cercato di colmare questo divario tra piano della ricostruzione storica e la conoscenza comune, cercato di capire come mai l’Italia liberale dello Statuto Albertino si sia piegata al totalitarismo fascista ed evidenziando allo stesso tempo i meccanismi perversi, le responsabilità e le ragioni che ne hanno permesso l’affermazione e il consolidamento. Ad effettuare sul piano locale un’analoga operazione di analisi dell’esperienza fascista, ci ha pensato il direttore scientifico dell’Istituto della Resistenza di Vittorio Veneto professor Pier Paolo Brescacin il quale, giovandosi degli ozi forzati imposti dalla pandemia del 2020, ci ha consegnato questa sua ultima fatica.

 

Per fare questo Brescacin ha effettuato un vero e proprio ritorno ai fatti, un’immersione vera e propria nel dispiegarsi fenomenico del Fascismo, nella consapevolezza - sulle orme di Angelo Tasca, autore del fortunato volume in Nascita ed Avvento del Fascismo del 1938 - che per comprendere e definire un fenomeno come il Fascismo è necessario anzitutto analizzarne e descriverne la sua stessa storia. Con quale risultato si può vedere scorrendo le pagine del suo lavoro… Qui il Fascismo emerge a tutto tondo come un fenomeno complesso, alimentato sì da una parte dalle ferite dolorose lasciate dalla Grande Guerra, ma anche dall’irrompere nel palcoscenico politico di nuovi protagonisti quali le masse contadine e operaie, che a seguito del conflitto avevano preso coscienza di sé e chiedevano ora un riconoscimento in termini eguali diritti, partecipazione e solidarietà; e parallelamente dall’incapacità delle classi dirigenti liberali di guidare in modo costruttivo quel processo di emancipazione e inserimento di tali masse all’interno dello Stato. Ne esce anche il ritratto di un regime autoritario sui generis, fondato sì su un apparato poliziesco ma anche sul consenso attivo e passivo da parte dei cittadini supportato da accreditate istituzioni come la Monarchia e la Chiesa , e facilitato dal particolare carattere di un popolo, quello italiano, dedito alla sudditanza e alla cura del proprio particulare più che al perseguimento della libertà e del bene comune. Non manca poi in questo affresco la tematizzazione del vento prepotente della modernizzazione che ha investito tra le due guerre anche Vittorio Veneto, accompagnato dalla realizzazione di nuove infrastrutture e servizi quali la nuova circonvallazione, le scuole, le nuove realtà produttive che l’hanno profondamente trasformata, conferendole nel secondo dopoguerra un posto di tutto rispetto sulla scena economica provinciale. Insomma, una ricostruzione a trecentosessanta gradi della storia cittadina dal 1918 al 1945, avvincente come un romanzo, in linea con i più aggiornati contributi storiografici sull’argomento, la cui conoscenza ci aiuta a capire meglio chi siamo, da dove veniamo, verso quale direzione intendiamo muoverci e soprattutto a non ripetere gli errori del pensato.

 


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