Galan: presi soldi da imprenditori, ma il Mose non c'entra
Indiscrezioni su ammissioni memoriale
VENEZIA - Prime ammissioni di Giancarlo Galan, ma non per parlare di mazzette legate al Mose, semmai per svelare ai giudici di aver avuto finanziamenti (non contabilizzati) da imprenditori veneti nel 'lontano' 2005, ultima campagna elettorale vinta da governatore.
E' un' indiscrezione di stampa, peraltro non confermata ne' smentita dai legali del politico di Forza Italia, a svelare la svolta nella strategia difensiva di Galan, che avrebbe scritto di questi fatti nel corposo memoriale consegnato venerdì scorso al Gip di Milano, Cristina Di Censo, durante l'interrogatorio per rogatoria nel carcere di Opera. La giudice milanese si è limitata a trasmettere la documentazione a Venezia, dato che di fronte a lei poi l'ex ministro ha fatto scena muta.
Che possa trattarsi di una 'mossa' difensiva lo farebbe supporre la considerazione che finanziamenti 'illeciti' riferiti a quasi dieci anni fa sarebbero ormai prescritti.
L'ex governatore veneto non farebbe cenno invece nel memoriale a nulla di illecito riguardo il Mose, per il quale è indagato per corruzione. Nessuna ammissione sullo 'stipendio' milionario che l'ex patron del Cvn, Giovanni Mazzacurati, dice di avergli pagato, ne' sulle regalie sotto forma di lavori gratuiti nella sua villa sostenute dall'ex ad della Mantovani, Piergiorgio Baita, e neppure sulle mazzette che l'ex segretaria Claudia Minutillo ha detto d'aver consegnato.
Galan avrebbe ammesso invece finanziamenti illeciti per la campagna delle regionali 2005 ricevuti da 7-8 imprenditori, per alcune centinaia di migliaia di euro. Nulla di più. Bisogna aspettare il primo agosto per capire se questo sarà sufficiente a convincere il Tribunale del Riesame a concedergli l'attenuazione della custodia cautelare.
Intanto, per la prima volta dopo l'arresto del marito, si è sfogata in un'intervista ad un quotidiano la moglie di Galan, Sandra Persegato, definendo "falsissime" le accuse dei pm. "Da settimane vivo in un incubo - ha detto la donna - Il sì all'arresto dalla Camera ce lo aspettavamo, mi hanno spiegato il valore politico di questo voto. Io però ho sperato fino all'ultimo che i colleghi di mio marito avessero letto le carte, approfondito le accuse e la sua puntuale difesa. Probabilmente così non è stato, altrimenti il voto avrebbe avuto un esito diverso. Oppure, le ragioni di partito sono più importanti della verità".
ANSA