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16 luglio 2024

Conegliano

Non chiamatelo (solo) ferro da stiro

Mario Luca colleziona (anche) ferri da stiro. In quarant’anni ne ha raccolti a centinaia. Alcuni antichissimi, molti provenienti da paesi lontani

| Tiziana Benincà |

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| Tiziana Benincà |

mario luca

CONEGLIANO - Una passione può nascere da un viaggio? Un ferro da stiro può essere usato in altro modo? La risposta è stata affermativa per Mario Luca, originario di Corbanese ma cittadino di Conegliano, che circa 40 anni fa durante un viaggio a Budapest con la moglie, ha visto usare in una festa locale dei ferri da stiro per schiacciare la carne sulle griglie.

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Incuriosito ha deciso di comprare due esemplari in un negozio d’antiquariato lì vicino e tutto ha preso vita. Una ricerca lunga, elaborata, che negli anni gli ha permesso di collezionare circa un migliaio di esemplari provenienti dall’America, dall’Austria, dalla Francia, dalla Gran Bretagna e persino dalla Lituania. “Li compro tutti da sistemare, quelli che non funzionano li butto. Il bello è proprio doverli pulire e scoprire la parte originale; se li lasciassi con la ruggine non mi direbbero nulla, invece bisogna riportarli all’origine” commenta Mario. In realtà il suo piccolo “museo” include non solo ferri da stiro, ma anche macinini, fornelli da campo che cerca di rimettere insieme frequentando i vari mercatini d’antiquariato, strumenti di un tempo, pialle.

 

“A me piacciono gli oggetti vecchi. Metto insieme i ricordi legati ai miei genitori e ai miei nonni con quello che mi piace e quando vedo un oggetto particolare, strano, lo compro”. S’inizia ammirando vari esemplari di fornelli da campo ad alcol per passare poi ai ferri ad alcol e a quelli a gas, ma come si fa a creare una cronistoria di questo strumento presente in tutte le case? “Una storia vera e propria relativa al ferro da stiro non esiste - risponde Mario – si trovano però diverse indicazioni che ci fanno capire l’evoluzione avuta in questo settore. Gli esemplari più antichi che io possiedo sono del 1600; è interessante vedere anche le differenze tra uno Stato e l’altro”. I vari viaggi, i mercatini, internet, hanno permesso a Mario di accumulare negli anni pezzi unici, come un ferro da stiro ebreo appartenuto ad una signora sopravvissuta ad Auschwitz, piuttosto che alcuni esemplari dei primi ferri americani a gas, molto pericolosi, perché si doveva attaccare la gomma del gas direttamente al ferro e girandolo per stirare, rischiava di staccarsi. A seguire sugli scaffali si possono ammirare i successori: ferri con le basi alimentate a gas per evitare incidenti domestici, piuttosto che i classici ferri “piatti” che si appoggiavano sul fuoco per scaldarli prima dell’utilizzo. Sono stati questi i primi acquisti, visto il costo più accessibile, ma che sotto lo strato di ruggine, nascondevano decorazioni meravigliose ed originali che a volte riescono a spiegarne anche la provenienza d’uso. Interessante anche vedere le diverse misure con tanto di numero scritto sopra, piuttosto che i ferri di maggiori dimensioni utilizzati nelle stirerie o ancora quelli a forma di “scarpa” in cui inserire una pietra riscaldata di fine ‘800. Mario conosce tutte le varie tecniche che si sono susseguite o accavallate nel tempo e per ognuna ne possiede molti esemplari.

 

“È interessante vedere le trasformazioni nei vari Stati: all’estero, per esempio, hanno iniziato prima di noi a creare delle fusioni particolari per i manici e in ogni caso s’inizia a vedere il legno solo a partire da fine 1800. Quelli lituani non hanno buchi nella parte bassa del corpo per non sporcare i vestiti con la cenere; quelli americani per un periodo hanno avuto il manico staccabile e intercambiabile con tutti i tipi di piastre da ferro; quelli italiani hanno i buchi in basso, mentre altri stranieri hanno delle mezzelune. Quando si trovano dei ferri con il corpo in ferro, si capisce che si tratta di un oggetto d’inizio XIX secolo, o ancora la base alimentata a gas è stata utilizzata fino al 1940 circa. Non è sempre facile dare una datazione - per esempio per quelli che sono a brace - ma a volte si riesce a capire il periodo dalle fusioni” continua Mario. Sentendolo sembra non avere particolare interesse per i ferri elettrici, ma poi si va a scoprire che ne possiede una ricca collezione da viaggio, tutti funzionanti, per non parlare dei primi ferri elettrici e prima ancora a vapore. Ora quello che si può ammirare è un vero e proprio investimento che non è ancora terminato, anche perché uno degli aspetti che lo diverte maggiormente è la contrattazione. Probabilmente una caratteristica che porta nel sangue già da generazioni, visto che entrambi i nonni erano commercianti e per vari anni lo è stato anche lui. Poi Mario si è occupato di amministrazione e direzione, quindi il fiuto per gli affari l’ha aiutato anche negli acquisti personali. “Ai mercatini bisogna contrattare, è là il bello! Da piccolo seguivo mio nonno ai mercati ed è lui che mi ha insegnato come fare, poi ho avuto un altro maestro: mio padre. È difficile dare un valore ai vari pezzi, ma si va per deduzione, per esperienza e mettendo insieme le varie informazioni che si riesce ad ottenere dai venditori” conclude Mario. Una collezione che meriterebbe di essere esposta in un museo, come afferma Mario, ma che sicuramente non ha nessuna intenzione di vendere o smembrare, perché gli dà soddisfazione. “Penso sia bello mostrare ai giovani la storia di questi attrezzi, di cui alcuni oggi non se ne riesce nemmeno a capire la funzione; invece hanno bisogno di essere spiegati, per ripercorrere i passi del nostro passato”.

 



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Tiziana Benincà

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