"Non fu un suicidio", riaperta l'indagine sulla morte di Marco Pantani
RIMINI - "Non fu un suicidio" dovuto a overdose ma "omicidio con alterazione del cadavere e dei luoghi". A dieci anni dalla morte avvenuta il 14 febbraio 2004 la procura di Rimini ha riaperto l'indagine sulla morte di Marco Pantani. A quanto riportano i quotidiani 'La Repubblica' e 'Gazzetta dello Sport' a dare impulso alla riapertura del caso sarebbe stata la perizia medico legale eseguita per conto della famiglia dal professor Francesco Maria Avato in cui si evidenzia come "le ferite sul corpo di Marco Pantani - scrive 'La Repubblica' - non sono autoprocurate, ma opera di terzi".
Secondo 'La Gazzetta', Pantani sarebbe stato picchiato e costretto ad assumere della cocaina mentre era nella propria stanza nel residence 'Le Rose' di Rimini. Le grandi quantità di stupefacenti trovate nel suo corpo fanno pensare che il campione romagnolo fu costretto a bere la cocaina. Il fascicolo della nuova indagine è stato affidato dal procuratore capo Paolo Giovagnoli al pm Elisa Milocco, al momento non ci sono indagati.
Su Facebook la mamma di Marco Pantani, Tonina, scrive: "Sedici anni fa, il 2 agosto, Marco vinceva il Tour e quest'anno, a 10 anni dalla sua morte, mentre Cesenatico festeggiava la sua notte gialla non più dedicata a lui vi do' una notizia. A tutti i tifosi e a quelli che hanno creduto e voluto bene al mio Marco, il caso è aperto per omicidio".
Il presidente della Federazione ciclistica italiana, Renato Di Rocco, commenta così all'Adnkronos la notizia della riapertura del caso: "La verità ovviamente è sempre l'obiettivo da raggiungere, a distanza di tanti anni si riapre una ferita". "La famiglia ha sempre lavorato e insistito per raggiungere la verità assoluta, di argomenti bui e passaggi non chiariti ce ne sono abbastanza - prosegue il numero uno della Fci -. Ci sono stati molti libri e molte valutazioni a riguardo, qualche tratto nero nella vicenda si evidenziava, poi ovviamente sarà il giudice a fare chiarezza".
Davide Cassani, ct della nazionale azzurra di ciclismo, osserva: "Credo che soprattutto per la famiglia sia importante capire cosa è realmente successo. Conoscere la verità fa bene a tutte le persone che vogliono bene a Marco Pantani". "Sarebbe bello conoscere la verità su quanto accaduto, se è diversa rispetto a quella che ci hanno raccontato in questi 10 anni. Ho letto i giornali, se la procura ha riaperto il caso vuol dire che ci sono delle basi su cui approfondire", conclude Cassani.
Il 'Diablo', Claudio Chiappucci, ex compagno di squadra alla Carrera di Pantani, nota come la tesi del suicidio per overdose non coincida con l'immagine che ha sempre avuto del 'Pirata': "Ho avuto Marco come compagno e non avrei mai immaginato che sarebbe andata a finire così, però il destino non si può mai prevedere. Io ho sempre valutato quanto si è detto ma per come lo conoscevo io, e per come sono anch'io, un animo sportivo, uno che ha lottato e sofferto per raggiungere i risultati, non ho mai creduto che sarebbe potuto cadere in una situazione del genere". "E' una storia incredibile che mi lascia senza parole - prosegue il vincitore della Milano-Sanremo del 1991 -. Speriamo che si venga a scoprire la verità, sarebbe un bene per la famiglia anche se resta una vicenda molto dolorosa".