Spisal sul piede di guerra: “Carenza di personale e mal organizzazione"
Dopo l’assemblea al Dipartimento di Prevenzione dell’Ulss2 il sindacato guarda alla mobilitazione dei lavoratori
| Isabella Loschi |
TREVISO - “In tutta la Marca sono 27 gli addetti dello Spisal o quasi. Di questi, tolta una maternità, solo 20 sono assunti a contratto a tempo indeterminato, 6 invece sono stati assunti nel corso dell’anno con contratto a tempo determinato. Oltre ai numeri, che già fotografano una situazione di carenza che non regge più - in particolare se si pensa alla mole di lavoro amministrativo e di controllo che svolgono, l’organizzazione e le condizioni lavorative fanno ormai acqua da tutte le parti”. Questa la situazione che da tempo denuncia la Fp Cgil di Treviso, emersa anche ieri all’assemblea, alla presenza della segretaria regionale del sindacato di categoria Sonia Todesco.
“Alle istanze dei lavoratori che continuiamo insistentemente a portare all’attenzione della direzione generale dell’Ulss2 si fa orecchia da mercante - attacca Sara Tommasin della Fp Cgil di Treviso. “Le risposte non arrivano e la situazione peggiora di giorno. Nel 2021, oltre a due pensionamenti sono state quattro le dimissioni volontarie di dipendenti a contratto a tempo indeterminato e quattro assegnazioni ad altri servizi del Dipartimento Prevenzione. Poi, solo nelle ultime settimane, inspiegabilmente, sono arrivati altri trasferimenti di alcuni tecnici. Lo Spisal non è nuovo a criticità - spiega Tommasin -, già nel 2020 quando la direzione del Dipartimento optò per una rotazione settimanale dei tecnici tra i veri servizi: Spisal, Sian, Sisp, Svet, de-professionalizzando di fatto gli addetti da materie particolari come i rischi specifici, chimici, l’amianto e così via, sapendo come in un territorio così industrializzato sia necessario e di grande rilievo per la salute dare risposte precise alle aziende virtuose e operare controlli per identificare quelle che non applicano le norme. Poi, nel corso dell’emergenza sanitaria molti operatori sono stati dirottati ai centri tampone e vaccinali e contestualmente il rispetto dei protocolli sulla sicurezza è stato per buona parte ridimensionato alla compilazione di check list”.
“Un’escalation, dunque, di mal organizzazione e disinvestimento sulla forza lavoro del Dipartimento prevenzione che impatta gravemente sulle condizioni professionali e di vita degli addetti - conclude Tommasin -. La misura è colma, e ora anche con mandato dei lavoratori è giunto il momento di passare ai fatti”.