Tra luci e oblio. E scoazze
Il “vandalismo istituzionale” sulla fontana del Domo, che però è addobbata come un abete
VITTORIO VENETO - Nonostante le ristrettezze di Bilancio, che pure si permette di scialacquare 4,5 milioni per il coatto acquisto del Da Ponte, le luminarie natalizie sono arrivate quest’anno senza i soliti tiremmolla coi commercianti: l’à pagà tut ‘l Comun. Classico zuccherino pre-elettorale; in primavera si vota per il nuovo sindaco. Fu così che Ceneda rifulse d’una decina di festoni. Tra essi suscita discordi sentimenti il merletto di lucine che piove dal catino superiore della Fontana del Duomo. Simile sciccheria stride assai con la decrepitezza del monumento stesso; tanto da far dire che mettere le lucine lì sarebbe come, macabro paragone ma tocca guardare in faccia la realtà, acconciarle su dei resti cimiteriali.
Parlando in cìcara (v. “Parlàr in cicara e cascàr ‘n tel piatel”) si può aggiungere che questo ossimoro delle lucine sul rudere suona proprio come una provocazione. Millanta volte è stato ripetuto dai più eterogenei soggetti che l’ultimo restauro della fontana cardinalizia risale a ben una generazione fa. Nel velleitario ventennio padano, tramezzato dall’ evanescente quinquennio Piddì, non è stato mosso un dito per arrestarne il disfacimento strutturale e funzionale; l’acqua dopo mezzo millennio non sgorga neppur più e questo è pure un infausto presagio. Non solo hanno omesso d’attivarsi per il restauro ma neanche (i calli non s’addicono a nobili mani?) si son mai sognati di pulirla né di scaricare d’inverno il ristagno che ghiacciando azzanna le antiche pietre dilatando le crepe. O forse tanta inedia deriva dagli assillanti impegni di palazzo che assorbono ogni tempo ed energia? Il catino superiore, intasato di guano, ha avuto iconografia inedita col germogliare di beffardi cespi di flora palustre, immortalati con stupore poco lusinghevole dalle comitive in visita al Battaglia.
L’inferiore, fra composita macedonia di rifiuti, custodisce l’intero annuario 2000-2023 dei semi del vicino ippocastano. Così i danni che non erano derivati alla fontana da mezzo millennio di storia, terremoti, piccole glaciazioni, guerre, saccheggi si sono invece concretizzati in due decenni di totale abulia amministrativa; e il non intervenire ai primi acciacchi ha amplificato i danni. Chissà se si può inquadrare quanto accade nella iconica piazza Duomo come una forma di vandalismo istituzionale, così sfacciatamente ostentato agli occhi di tutti. Certo non basta qualche lucina di Natale a sanare e far dimenticare questa miserevole visione.
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