Treviso seconda in classifica per le morti sul lavoro. Preoccupate Uil e Cgil
I dati in uno studio dell'Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre. Toigo (Uil veneto): "L'ansia di guadagno non può andare a discapito di prevenzione e sicurezza"
TREVISO - Morti sul lavoro: la Marca al secondo posto (8 le vittime) nella classifica veneta, subito dopo Verona (10 i casi). Non va meglio nemmeno riguardo gli infortuni: tra gennaio e maggio 2021 sono 27.177. A Verona la maglia nera in regione per il più elevato numero di denunce di infortunio: 5.592. Seguono: Vicenza (5.127), Treviso (5.115), Padova (4.961), Venezia (4.262), Belluno (1.105), e Rovigo (1.015).
Rispetto ai primi cinque mesi del 2020 l’incremento degli infortuni mortali in occasione di lavoro è del 33% (erano 21 nel maggio 2020 e 28 nel maggio 2021). I dati sono stati raccolti dall’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega Engineering di Mestre, per fotografare con i colori, alla stregua dell’emergenza sanitaria, il livello di sicurezza dei lavoratori. Il Veneto, secondo le rilevazioni, è quindi in zona gialla, con una incidenza di mortalità compresa tra 0,75 e 1 rispetto alla media nazionale (Im). E con questa graduatoria che tiene conto del rapporto tra infortuni mortali e popolazione lavorativa, il Veneto finisce in 14° posizione a livello nazionale.
Una classifica che abbiamo chiesto di commentare ai sindacati Uil e Cgil. “Chiediamo serietà e pazienza alle aziende, industriali, artigiane, grandi e piccole: non possono pensare di recuperare quanto perduto durante la pandemia in un attimo” - dichiara a OggiTreviso Roberto Toigo, segretario generale di UIL Veneto. “Ci vogliono tempo, programmazione, collaborazione. Non vorremmo mai che l’ansia di guadagno andasse a discapito degli investimenti sulla prevenzione e sulla sicurezza. Abbiamo tutti lo stesso obiettivo: portare il Veneto fuori dalla crisi, rilanciare l’economia e l’occupazione. Facciamolo in modo responsabile, perché nessuna vita umana deve essere sacrificata sull’altare del profitto". Pochi giorni fa, su richiesta di CGIL CISL UIL Veneto, la Regione Veneto ha riconvocato il Tavolo sulla Sicurezza, che aveva portato alla firma di un protocollo triennale nel 2018”. Per la Uil regionale è importante assicurare una corresponsabilitá di tutti gli attori: “Il valore aggiunto del piano per la sicurezza sul lavoro deve essere la sinergia tra le parti: nessuno può ritenersi esente da impegni e responsabilità. La UIL, a tutti i livelli, sta martellando sul tema della sicurezza, dedicando anche la sua campagna di tesseramento 2021 al tema “Zero morti sul lavoro”. Finché mancherà la cultura della sicurezza, non potremo rinunciare alla cultura del controllo: e perché ciò avvenga, è necessario che ci sia personale a sufficienza a disposizione degli Spisal. Questo resta uno dei temi sui quali ci sono state più criticità nel triennio di applicazione del Piano». Toigo assicura l’impegno di UIL Veneto nel percorso che porterà, da qui a fine anno, alla sottoscrizione del nuovo Piano. “Non saremo spettatori: come dicevo, è proprio la partecipazione di tutte le parti che può portare ad essere più efficaci”.
Anche alla Cgil di Treviso abbiamo chiesto di commentare la “zona gialla” degli infortuni e delle morti sul lavoro che balzano alla cronaca quando si verifica un incidente grave o addirittura mortale. “Una fatalità data da quando accade e da chi ne è coinvolto ma, drammaticamente, molte volte causato da una scarsa propensione alle misure di sicurezza da adottare” - assicura il segretario provinciale della Cgil, Mauro Visentin.“Questo perché, nonostante norme e contratti che regolano in modo dettagliato e meticoloso la sicurezza sul lavoro, mancano ancora oggi i controlli sull’applicazione di tali disposizioni e la cultura della sicurezza, quando addirittura della legalità. A farne le spese i lavoratori, soprattutto se precari, scarsamente formati alle procedure e maggiormente indifesi di fronte alla negligenza”. Irresponsabilità dunque, che si possono e si devono scongiurare: “Succede per avidità, in particolar modo nel campo degli appalti o dei sub appalti, dentro un quadro basato tutto al massimo ribasso, dal costo del lavoro fino alle dotazioni, e così all’elusione delle regole.
Fare cultura della sicurezza vuol dire promozione di chi fa bene, che investe su formazione, e penalizzazione di quelle aziende che sgarrano. Dobbiamo aver ben presente poi che un infortunio oltre che sulla famiglia ricade sulla collettività”. Le tre organizzazioni sindacali confederali non si stancano di ripetere le stesse richieste ma rispetto alle quali mancano ancora risposte: “È indispensabile implementare le ispezioni nei luoghi di lavoro assumendo nuovo personale qualificato e investire, anche come parti datorili su quantità e qualità della formazione rivolta ai lavoratori nelle singole aziende, coprendo anche quelle attività oggi prive di Rappresentanti Territoriali dei Lavoratori per la Sicurezza, ovvero coloro che rappresentano i dipendenti in questo ambito. Solo così si potrà fare quel “salto culturale” che mette la salute, la sicurezza, l’incolumità dei lavoratori prima del fatturato e del profitto realizzato sulla pelle delle persone".