VITTORIO HA PERSO L’ULTIMO AUTOBUS
Nessun mezzo pubblico in città, di domenica. E l’ospedale? E’ raggiungibile a piedi, se un anziano ce la fa a camminare. O in auto, se un anziano – o un ragazzo – ha chi guida per lui
| Emanuela Da Ros |
VITTORIO VENETO – Io resto a piedi. No, non è una dichiarazione d’intenti. Tanto meno un auspicio personale. Però potrebbe essere uno slogan (documentato): Sono vittoriese, quindi resto a piedi.
Che amarezza, vero? e che verità. Lasciamo stare i treni (se ne pigliate uno in orario alla stazione e non perdete la coincidenza alla stazione successiva, vi pago da bere). Lasciamo stare i taxi (ma a Vittorio Veneto c’è un servizio taxi? Lo chiedo a nome degli “innumerevoli” turisti che gravitano in zona). Lasciamo stare gli alianti (se non c’è vento: chi li sposta?) e concentriamoci sugli autobus. Concentriamo sugli autobus, ma solo nei giorni feriali, perché di domenica, a Natale, a Pasqua, ce lo sogniamo di trovare, a Vittorio Veneto, un mezzo pubblico. Dal luglio scorso il servizio urbano a Vittorio Veneto non esiste più. Ha cessato di essere. Altro che “boomerang”! L’ultimo autobus che è partito il sabato…è tornato il lunedì. L’ultimo autobus si è fermato a Eboli…ehm: volevo dire: all’weekend. E’ morto. E noi - insieme a qualche anziano (più di uno col bastone, o le stampelle) intervistato alle fermate Atm - siamo qui per scrivere il requiem per quell’osannato servizio pubblico di cui i nostri governanti ci invitano a servirci più spesso. Ma che troppo spesso (mai, nel caso di Vittorio Veneto) non passa di qua.
Il servizio festivo è sospeso. Quando un’anziana incontrata per caso alla fermata mi ha detto che gli autobus alla domenica non circolavano, ho avuto una mezza intenzione di passare oltre. Di non crederle affatto. Ma poi. Poi la signora mi ha commosso. Mi ha assicurato che era così. E che lei, una domenica di qualche settimana fa, nonostante le sue gambe gonfie e la sua cronica difficoltà a camminare, si era dovuta fare quattro o cinque chilometri a piedi per arrivare all’ospedale. Al telefonino qualcuno le aveva detto che il marito (ricoverato) stava spegnendosi e che lei avrebbe dovuto raggiungerlo subito. Solo che lei non guida, non ha familiari vicini e l’unico mezzo che poteva aiutarla a raggiungere il marito era l’autobus. Così, sperando di arrivare in tempo all’ospedale dove l’unico uomo della sua vita stava chiudendo gli occhi per sempre, la signora si era seduta ad aspettare l’autobus. Non aveva guardato se sulla tabella ci fosse qualche indicazione sul disservizio (di questo scriverò più avanti), non aveva pensato che la domenica gli autobus non viaggiassero. Abituata a prendere i mezzi pubblici per andare all’ospedale, la signora aveva atteso, sola, sulla panchina, un autobus che non sarebbe mai arrivato. A un certo punto, un signore qualunque – passato vicino a lei – le aveva fatto notare che era domenica, e che il servizio autobus era sospeso. E la signora allora si era alzata dalla panchina e aveva detto a se stessa: “Ci vado a piedi all’ospedale”. E dopo quattro, cinque chilometri, sulle sue gambe gonfie, era arrivata a destinazione. Era entrata nel nosocomio, aveva preso un ascensore e si era diretta, claudicante, verso una stanza dove c’era un letto vuoto. Quello di suo marito. L’uomo della sua vita aveva chiuso gli occhi per sempre, mentre lei aspettava un autobus che non sarebbe mai arrivato.
Perché racconto questa storia? Perché mi ha commosso. Perché mi ha spinto a saperne di più. A chiamare l’Atm di Vittorio Veneto e chiedere del direttore (“Il dottor Gianfranco Feletti è impegnato in una riunione. E lo sarà anche domani. Potrà trovarlo mercoledì pomeriggio”, mi è stato risposto). Perché ho scoperto che è vero che gli autobus a Vittorio Vento, dal luglio scorso, non circolano. Un gentile dipendente mi ha detto che, a causa di “tagli regionali” alcuni servizi sono stati soppressi. E l’Atm, che gestisce il servizio urbano di Vittorio Veneto (e dintorni) e di Conegliano, ha pensato che se proprio doveva tagliare qualche autobus, tanto valeva farlo a Vittorio.
A Conegliano, infatti, gli autobus – di domenica – circolano. Solo la linea 2 ha avuto qualche contrazione, ma la linea 1 e la 3 continuano a effettuare servizio. A Vittorio, invece, black out. Le linee festive sono state soppresse. Ma non solo quelle urbane (la 1, la 2, la 3). Pure le corse che portavano qualche utente da Vittorio Veneto a Fregona, a Sarmede, a Caneva o a Sacile, di festa, si sono congelate.
L’Atm – ho rilevato nella mia indagine – ha pure delle linee “mercatali”. Delle corse di servizio urbano che effettua nei giorni in cui c’è mercato. L’azienda - dal luglio scorso – aveva soppresso pure queste. Solo che poi qualcuno è andato incazzato dal sindaco Da Re e ha chiesto che il collegamento Vittorio Veneto - Fais o Vittorio - Formeniga fosse ripristinato almeno il lunedì, il giorno delle bancarelle-e-che-diavolo. E l’Atm, pungolata a dovere, aveva riammesso nel suo “Boomerang” la corsa.
La domenica no, non la devo considerare. Mi si racconta pure che questa insurrezione (vogliamo un autobus: che diamine!) non è avvenuta in città, per la domenica-a-piedi. I vittoriesi non si sono mossi di fronte all’azzeramento del servizio. Dal luglio scorso il servizio festivo è stato soppresso. E all’Atm assicurano che c’è un adesivo giallo e rosso che informa del disservizio. La verità? Io mi sono fatta cinque, sei, sette fermate per trovare il bollino giallo e rosso (misure: 8x8, mi si fa notare) che dice chiaro e tondo (anche se il bollino è quadrato): “Io, autobus, non passo di qua quando è festa”. Mi sono guardata un sacco di pali dei bus (ci ho visto degli adesivi scoloriti che invitavano a votare Lega nord, delle offerte di assistenza da parte di una badante ucraina, delle parolacce in italiano e in vernacolo e dei disegnini poco edificanti quanto loquaci) e alla fine ho notato una specie di francobollo che effettivamente diceva che i bus nei giorni festivi sono sospesi. Era vero! E’ vero.
Stop. La conclusione è che Vittorio Veneto è rimasta a piedi. Nei giorni di festa anziani, ragazzi spatentati e adulti poco inclini all’uso dell’auto devono muoversi a piedi. Per raggiungere un luogo qualunque di quel comune della marca trevigiana che è uno dei più estesi territorialmente.
Una signora con le stampelle, seduta al capolinea di piazza Medaglie d’Oro mi ha detto: “Io viaggio solo con gli autobus. Lo so che la domenica non ci sono. E allora me ne sto a casa. Che devo fare? Mica posso fare chilometri con le stampelle…Mi siedo sul divano e guardo la tivù. Mi fermo, aspettando il lunedì. Che male c’è?”
Un detto che “viaggiava” negli anni Sessanta affermava: “Fermate il mondo, voglio scendere”. A Vittorio Veneto quel detto si è semplificato. Si è fermato l’autobus, nei giorni festivi, e nessuno sale o scende dal suo/nostro piccolo mondo. Nessuno – apparentemente – s’indigna. Al limite, su una panchina, puoi incontrare una signora sola, che si rammarica. Per non aver potuto salutare il compagno di una vita, visto che l’autobus non sarebbe mai passato tra lei e il suo addio.