Yara, Bossetti: "Poteva essere mia figlia"
| Isabella Loschi |
"Una ragazzina che aveva diritto di vivere, poteva essere mia figlia, la figlia di tutti voi". E' stato per Yara Gambirasio il primo pensiero di Massimo Bossetti che, nelle sue dichiarazioni spontanee davanti ai giudici della corte d'assise d'appello di Brescia, ha poi aggiunto: "Neppure un animale meriterebbe così tanta crudeltà".
Si chiude oggi il secondo atto del processo per l’omicidio della 13enne di Brembate per il quale, in primo grado, Bossetti era stato condannato all’ergastolo. "Il vero, i veri assassini sono liberi, stanno ridendo di me e della giustizia", è un altro dei passaggi delle dichiarazioni spontanee dell'imputato che ribadisce: "Sono innocente, questo è il più grave errore giudiziario di questo secolo". "Concedetemi la superperizia" sul Dna così "posso dimostrare con assoluta certezza la mia estraneità ai fatti. Cosa dovete temere se tutto è stato svolto secondo le norme? Perché non consentite che io e la difesa possiamo visionare i reperti? Non posso essere condannato con un Dna anomalo, strampalato, dubbioso", ha continuato Bossetti sottolineando come fin dall'inizio abbia sostenuto che quella traccia biologica mista - della vittima e Ignoto 1 - "non può essere il mio. Non solo non ho ucciso Yara, ma non ho mai avuto un contatto con lei. Si è verificato un errore, ma non ho mai avuto la possibilità di partecipare all'esame. Se fossi l'assassino sarei pazzo a chiedere la perizia, invece io non temo nulla. Vi supplico e vi imploro di fare questa perizia", chiosa Bossetti.
L'udienza di oggi si è dunque aperta con nuove dichiarazioni spontanee dell'imputato, poi i giudici - due togati e sei popolari - si riuniranno in camera di consiglio per emettere il verdetto: ne usciranno dopo diverse ore con una sentenza o con un'ordinanza che riaprirà il dibattimento. Sarà il presidente della corte Enrico Fischetti a leggere la decisione: conferma della sentenza di 'fine pena mai', riforma parziale del primo grado - l'accusa chiede l'ergastolo con isolamento diurno per sei mesi -, assoluzione oppure perizia sul Dna, la traccia mista trovata su slip e leggings della 13enne attribuita a Ignoto 1 poi identificato in Bossetti.
Spetterà ai giudici ripercorrere la lunga inchiesta, dal 26 novembre 2010 - giorno della scomparsa della ginnasta a Brembate di Sopra (Bergamo) - fino all'arresto di Bossetti. L'assenza del suo Dna mitocondriale "non inficia il risultato: è solo il Dna nucleare ad avere valore forense" per il rappresentante dell'accusa Marco Martani. "Quel Dna non è suo, non c'è stato nessun match, ha talmente tante criticità - 261 - che sono più i suoi difetti che i suoi marcatori", per i difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini che chiedono di risolvere l'"anomalia" con un accertamento alla presenza delle parti.
La prova scientifica "assolutamente affidabile" per l'accusa va letta insieme agli altri indizi di un'indagine che non ha tralasciato nessuna ipotesi. Solo il 26 febbraio 2011, il corpo della 13enne viene trovato in un campo di Chignolo d'Isola e da lì si riparte per la caccia all'uomo. E in quel campo che Yara muore dopo una lunga agonia, secondo i dati restituiti dall'autopsia.
Per la difesa, invece, la studentessa è stata uccisa altrove come mostra una foto satellitare del campo. Contro l'imputato ci sono altri elementi: dal passaggio del furgone davanti alla palestra alle fibre sulla vittima compatibili con la tappezzeria del suo Iveco; dalle sferette metalliche sul corpo di Yara che rimandano al mondo dell'edilizia all'assenza di alibi. Indizi che la difesa respinge. Oggi a stabilire la verità saranno i giudici.