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04 agosto 2024

Treviso

“Ciclisti morti sulle strade della Marca. I conti della Provincia non tornano”

La presidente del FIAB di Treviso precisa che i morti non sono tre ma bensì cinque

| Ingrid Feltrin Jefwa |

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| Ingrid Feltrin Jefwa |

incidente in bici

TREVISO – Dopo la diffusione dei dati, da parte dell’Amministrazione provinciale di Treviso, sugli incidente nella nostra provincia, Susanna Maggioni Presidente della sezione di Treviso del FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta ETS con personalità giuridica), nonché consigliere nazionale e Vice-coordinatore FIAB Veneto ha fatto alcune esternazione ritenendo che, per quanto riguarda “i ciclisti morti sulle strade della Marca, i conti della Provincia non tornano”. Ma ecco quanto scrive in una nota ufficiale: "Abbiamo alcuni commenti da esporre rispetto all'analisi degli scontri stradali presentata ieri in Provincia. Dai dati emerge che da gennaio a luglio sono diminuiti rispetto allo stesso periodo del 2023, ma sono aumentate le vittime, che sono sempre più anziane.

La principale causa diretta di decesso è la fuoriuscita autonoma. Da qui un’analisi superficiale porterebbe a parlare solo di anziani distratti al volante. Ma la realtà è diversa. Come rilevato dagli esperti di sicurezza stradale, il 24% degli scontri mortali per circostanze riferibili al comportamento del conducente ha come causa primaria la velocità eccessiva (infrazioni per eccesso o mancato rispetto dei limiti), ma anche un ulteriore 40% è correlato alla velocità come concausa e moltiplicatore di effetti avversi (morti per guida distratta, mancata distanza di sicurezza e mancata precedenza ai pedoni sulle strisce). Due terzi dei morti per comportamento del conducente insomma sono stati causati da velocità inappropriate.

Questa analisi impone di individuare un ventaglio di soluzioni mirate ed efficaci. Assolutamente necessarie la formazione e la sensibilizzazione, ma, come sentenziano inoppugnabilmente i dati, non bastano. E’ indispensabile ridurre i limiti di velocità, soprattutto in ambito urbano, e utilizzare sistemi fisici di moderazione della velocità. Abbiamo visto i primi risultati di Bologna città 30, un esempio da emulare e migliorare. Nei primi 6 mesi di applicazione del limite di 30km/h nel territorio comunale, con relativi controlli, infatti, sono stati registrati -33% di persone morte in strada e -38% di incidenti gravi, tra le varie cifre maggiormente significative.  Una misura talmente efficace nella sua semplicità, che in Spagna è stata resa obbligatoria in tutti i centri urbani. 

Si devono ovviamente aumentare i controlli, non ridurli come voluto dalle riforme approvate o in fase di approvazione in Parlamento. Abbiamo inoltre bisogno di più incentivi all’utilizzo del trasporto pubblico e meno all’acquisto di auto private, così da dare un’alternativa di mobilità soprattutto alle fasce più deboli e diminuire la congestione nelle nostre città.  E poi ci siamo anche noi, persone che usano la bicicletta per spostarsi. Leggiamo con costernazione nei dati divulgati dalla Provincia di 3 velocipedi coinvolti in scontri mortali. Da gennaio in realtà sulle nostre strade abbiamo perso Giulia, Beppino, Mohamed, Dino e Alfredo. Erano CINQUE persone in sella alla propria bicicletta che sono state uccise da uno scontro con altre persone alla guida di auto o autocarri. Ci fa molto male leggere un numero sbagliato nelle slide della Provincia. Ci fa molto male non sentire nessun commento su questo dato da parte del Presidente Marcon, del Prefetto Sidoti e del Consigliere Fava.

Ci fa male che tutta l’energia e la competenza profusa dalle associazioni e dagli esperti che si occupano di sicurezza stradale non sia presa in seria considerazione da chi ha il potere di fermare questa strage silenziosa. È urgente dare prova di civiltà e mettere in campo misure e controlli che finalmente portino a invertire la tendenza, in una regione, il Veneto, che secondo i dati dell’Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale, è al terzo posto in Italia per numero di persone in bicicletta morte sulle strade.  Ricordiamoci che dietro gli aridi numeri ci sono persone, famiglie e, in ultima analisi, costi sociali inaccettabili che ricadono su ognuno di noi”.


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