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16 novembre 2024

Treviso

“Li chiamavano ribelli”, un film per le scuole sulla Resistenza della regista trevigiana Lucia Filippone

Le ultime testimonianze dei partigiani nel film che ha ricevuto il “Premio 25 aprile” al concorso nazionale di Torino “Filmare la storia”

| Lieta Zanatta |

| Lieta Zanatta |

La regista trevigiana Lucia Filippone

TREVISO - La pandemia iniziata l'anno ha fermato cinema e teatri. E quindi anche la diffusione di film girati, come Li chiamavano ribelli, un docufilm sulla Resistenza della regista trevigiana Lucia Filippone, già vincitrice nel 2015 del Premio Vincenzoni per un lavoro su Il diavolo nero la leggenda del motociclismo Omobono Tenni.

Un film dall'impianto originale, presentato alla 74a Mostra del Cinema di Venezia nel 2017, che ha vinto il Premio 25 aprile nel concorso nazionale di Torino Filmare la storia come miglior film sulla Resistenza, diffuso e ancora richiesto dalle scuole, chiamato a partecipare al Micro Festival del Cinema Veneto a km 0 che doveva tenersi a Padova dal 6 al 9 maggio 2020 e poi rinviato a causa Covid.

Il merito di Lucia Filippone è quello di essere riuscita a intervistare gli ultimi partigiani protagonisti della Resistenza che, appena ventenni, si muovevano tra Venezia e San Dona' di Piave, scomparsi uno dopo l'altro all'uscita del film per via dell'avanzata età anagrafica. Nomi che sono entrati nella storia, come la staffetta Adriana Martignoni, Leandro Rizzo, Mario Osetta e Mirco Caenazzo.

(Nella foto Mario Osetta)

Nel documentario i partigiani raccontano con estrema lucidità i fatti successi, come la celebre Beffa del teatro Goldoni e quelli dell'uccisione dei sette martiri a Venezia, e motivano i valori che li hanno portati ad abbracciare la causa della Resistenza. I ragazzi di quella volta, che in un'Italia spaccata in due, con i fascisti al nord e gli alleati che avanzavano dal sud, ricevevano le cartoline di arruolamento da parte della Repubblica Sociale Italiana che strappavano per darsi alla macchia. Dei ribelli, per l'appunto.

(Nella foto Leandro Rizzo)

«Valori che sono di estrema attualità – spiega Lucia Filippone - Nel film i testimoni ci parlano di libertà, democrazia e giustizia, conquistati al prezzo della vita di tanti. Ideali che diamo per acquisiti. Ma basta prendere in considerazione il periodo cruciale che stiamo vivendo, con libertà che sono state limitate, seppur motivate, per capire che niente è scontato. Sono valori che vanno riconosciuti e difesi giorno per giorno. E questi ragazzi, i ribelli di una volta, ce li hanno tramandati»

(Nella foto Adriana Martignoni)

Per questo l'impianto del docufilm è originale. Le testimonianze dei partigiani sono intervallate da brevi colloqui nelle scene di un nonno che racconta la storia della Resistenza al nipotino, il quale cresce e diventa adulto come man mano la sua consapevolezza. Mentre alcuni episodi, come la Beffa del teatro Goldoni, vengono ricostruiti con grande efficacia mediante dei semplici pupazzetti di cartone. La celebre Beffa del 12 marzo 1945 è uno degli episodi più significativi della Resistenza veneziana. In un teatro al completo dove tra il pubblico erano numerosi gerarchi fascisti e ufficiali nazisti, i partigiani fecero irruzione leggendo un proclama e poi fuggendo, facendo credere che il Goldoni fosse completamente circondato dai loro compagni.

(Nella foto Mirco Caenazzo)

Alla regista l'idea di questo film è venuta ancora nel 2015, dopo aver ascoltato la testimonianza di Mirco Caenazzo.

«Di Resistenza sapevo poco, a scuola non si era studiata, l'approccio all'Università era stato grazie a qualche modulo organizzato da alcuni docenti - continua Lucia - Sentire dalla viva voce di Caenazzo ciò che è stata la nostra storia ha avuto molto effetto su di me. Pensavo a questo patrimonio storico, sociale e culturale che si stava disperdendo per via dell'età anagrafica, tanto avanzata. Da qui l'idea di sentire tutti i testimoni prima che fosse troppo tardi»

(Nella foto Andrea Balliana)

Un anno di lavoro, tra verifiche storiche, sceneggiatura e riprese. Che sono costate. Ed è questa la nota dolente. Nonostante gli sforzi, nessuno, ente o portatore di interesse, è venuto in aiuto economicamente, neanche con una piccola cifra. Lucia ha dato fondo ai propri risparmi pur di vedere realizzato il suo progetto. Eppure i giovani talenti, che lavorano sul territorio e ottengono questi risultati, pluripremiati, non andrebbero forse tenuti in considerazione e incoraggiati anche finanziariamente oltreché aiutati a diffondere il loro prodotto affinché venga fatto conoscere a un vasto numero di persone?

Una curiosità del film. Il nonno che recita nel film e che racconta la storia della Resistenza al nipote è l'amato papà di Lucia, Pino, noto pittore e scrittore di Treviso, scomparso nel giugno dell'anno scorso.

(Nella foto, al centro, la staffetta partigiana Adriana Martignoni; alla sua destra Pino Filippone, alla sua sinistra la regista Lucia Filippone e i ragazzi che hanno impersonato nel docufilm il nipote di Filippone che man mano cresce con l'età)

Chi è Lucia Filippone.

Nata a Treviso nel 1987, Lucia Filippone si è prima laureata in Lettere all'Università di Padova nel 2009 e poi in Televisione, Cinema e New Media all'Università Iulm di Milano nel 2011. Ha quindi sempre lavorato come autrice e regista di video, documentari, pubblicità e programmi televisivi. Il suo ultimo lavoro è “Pillole di digitale”, una serie di puntate in onda su Rete Veneta dal 27 marzo e dedicate agli anziani e ai soggetti che hanno difficoltà a navigare in Internet, prenotare una visita online, a usare le applicazioni sullo smartphone e i social.

 


| modificato il:

Lieta Zanatta

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