10 euro all'ora, senza tutele, datore di lavoro e contratto: la dura vita dei riders
A Treviso per le consegne a domicilio si usa l'auto. Per il Nidil (Cgil): "Urgente sottoscrivere il contratto".
![riders e racers riders e racers](https://www.oggitreviso.it/sites/default/files/styles/505/public/field/image/1%20riders%203.jpg?itok=-H4UrYju)
TREVISO - Qui dalle nostre parti si vedono un po’ meno rispetto a Milano o Roma o alle altre città medio-grandi. Ci sono, invece: meno riconoscibili perché piuttosto della bicicletta con il minifrigo al posto del portapacchi, le consegne a domicilio le fanno in auto. Non “riders” (tradotto: ciclofattorini) ma “racers”. Il lavoro è però sempre quello. Ed è il più precario e il meno tutelato che vi sia, a questo mondo, in questo momento. Malgrado siano stati proprio loro, fattorini su due o quattro ruote, a portare il cibo a molti nel lockdown da pandemia.
Lavorano per dieci euro all’ora ma a condizione di impegnare con consegne tutti i sessanta minuti. Non hanno contratto. Neanche un datore di lavoro, se è per questo: dipendono da una piattaforma che, sulla base di un algoritmo, premia con l’attribuzione di più commesse quelli più veloci e produttivi. Tant’è che non ce n’è scappato purtroppo soltanto uno di morto mentre s’avventurava, correndo a perdifiato, in mezzo al traffico caotico della metropoli. Un lavoretto tipico da “arrotondamento” che invece è diventato per molti l’unica fonte di guadagno. Da prendere al volo e con la medesima volatilità facile da perdere. Gli aspiranti in lista non mancano proprio. Né si può parlare di licenziamento (non essendo un lavoro contrattualizzato). Succede che molti, di punto in bianco, vengano “bannati” dalla piattaforma. Più precisamente “sloggati”.
A Palermo uno di loro però ha preso il coraggio a quattro mani e ha detto basta: è andato in televisione a raccontare la sua storia di quarantanovenne precario che più precario non si può e che è la stessa di troppi altri. L’azieda spagnola “Glovo” l’ha punito praticamente all’istante. Marco Tuttolomondo non si è arreso e ha impugnato lo “sloggamento”. Il Tribunale di Palermo ha disposto il reintegro del lavoratore, con in più un contratto di lavoro subordinato a tutti gli effetti nel settore del terziario e il pagamento per differenza delle retribuzioni mancanti”. Una sentenza che dovrebbe fare scuola, secondo Rossana Carreddu, del Nidil (Nuove identità di lavoro) della Cgil di Treviso: “Quello dei ciclofattorini è un lavoro vero e deve essere regolamentato immediatamente. Tra l’altro è una attività a rischio elevato. Forse nella provincia di Treviso non riusciamo a rendercene conto perché al posto della bicicletta usano la macchina. Però è un lavoro tanto diffuso quanto poco tutelato”.