Di crisi si ingrassa. E ci si ammala
Come è cambiata l'alimentazione negli ultimi anni
| Omar Lapecia Bis |
![Di crisi si ingrassa. E ci si ammala Di crisi si ingrassa. E ci si ammala](https://www.oggitreviso.it/sites/default/files/styles/505/public/field/image/2336480057_46f14067f5.jpg?itok=G1L2n-mp)
VITTORIO VENETO - Abbiamo alle spalle un periodo di festività all’insegna della crisi che in alcune fasce della popolazione è stato drammatico. In tante famiglie nell’ex ricco nord est si sono dovute fare delle scelte e delle rinunce dolorose , figuriamoci se c’erano i soldi per prodotti gastronomici di nicchia o anche solamente della tradizione.
La conferma è arrivata dati alla mano dai dati Istat sui consumi degli Italiani e da uno studio della Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) relativo all'andamento dei consumi alimentari in Italia negli ultimi cinque anni (cioè da quando è iniziata la crisi) segnala una forte contrazione della spesa che interessa tutti i settori merceologici dell'agroalimentare italiano. Il dato generale è oltremodo chiaro: tra il 2007 e il 2012 le famiglie italiane hanno diminuito il budget destinato alla spesa alimentare di 11 miliardi di euro (al netto della dinamica dei prezzi). E i tagli non riguardano soltanto beni voluttuari e spese superflue, ma vanno a toccare anche le principali voci di spesa: le vendite di pane e pasta negli ultimi cinque anni scendono in valore del 10%; le vendite di carne calano dell'9%; le vendite di formaggi perdono in valore il 9,9% (e considerando congiuntamente pane, pasta, carne e formaggi arriviamo a dei tagli che ammontano a oltre 6,6 miliardi di euro).
Scendono drasticamente anche i consumi di frutta (-759 milioni di euro) e verdure (-835 milioni di euro), anche se in questi due casi la crisi ha radice lontane e più profonde (tra il 2000 e il 2010 le vendite di frutta e verdura in Italia sono scese del 22%, mentre nell'alimentazione cresce l'importazione di uno stile "americano" e aumenta l'obesità.
“Cresce l'importazione di uno stile "americano" e aumenta l'obesità
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C'è un altro rovescio della medaglia che riguarda proprio il cambiamento nel modo di mangiare. In questi anni anche il cosiddetto convenience food (cibo pronto da riscaldare o pronto da mangiare) ha subito gli effetti della crisi con le famiglie che sono tornate ai prodotti tradizionali perché costano meno. Sono sempre di meno le famiglie che quotidianamente fanno un pasto completo. Con riferimento alla struttura del pasto all'italiana prevale il consumo dei primi piatti e dei contorni e perdono terreno i secondi (carne, pesce, uova o una porzione di formaggio non fa differenza). Il consumo alimentare si fa nervoso, si frammenta in tanti spuntini che riempiono il tempo tra un pasto e l'altro, anche perché i pasti principali danno sempre meno soddisfazione. Qui trovano spazio e legittimazione snack dolci e salati, bevande ipercaloriche, salvo poi rincorrere l'abbattimento delle calorie, e ogni altro prodotto che non ha bisogno della sapienza del consumatore per venir consumato Il cosidetto junk food (cibo spazzatura) conquista quote di presenza significative sulle tavole degli italiani prende il posto della tradizione alimentare italiana.
Il dato ci dovrebbe preoccupare in chiave salutistica visto che spesso il cibo spazzatura risulta essere più attraente del cibo”cibo” e anche a buon mercato visto che è un prodotto industriale. Il problema diverrà grave quando a causa della crisi molte persone non guarderanno più alla sicurezza alimentare ma al budget. La povertà attorno a noi è visibile e è intollerabile ricevere dati come quello che vedono in aumento veramente consistente + 8% il pet food (cibo per animali) e in calo drammatico le proteine d'origine animale per l'alimentazione umana.
“In aumento veramente consistente + 8% il pet food (cibo per animali) e in calo drammatico le proteine d'origine animale per l'alimentazione umana.
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Ci si pongono domande imbarazzanti, spesso confermate dalla più triste realtà. I "problemi" del consumo alimentare, tuttavia, vengono da lontano. La crisi li ha soltanto accentuati. Attualmente una famiglia destina agli alimentari meno di un quinto del proprio budget per consumi e quando questo budget è molto ridotto non è più possibile parlare di alimentazione corretta ma di sussistenza.
“Non è più possibile parlare di alimentazione corretta ma di sussistenza
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Se con Feuerbach diciamo " Siamo ciò che mangiamo" dobbiamo concludere che non ci vogliamo troppo bene. Il cibo sta rischiando una deriva pericolosa verso la commodity, ossia verso una merce che va comperata al prezzo più basso. Ma il cibo non è una merce qualunque.
E', al contrario, un condensato di valori culturali, sociali, estetici ed ambientali decisivo per il benessere delle persone e la salvaguardia dei luoghi. Ma questo è soltanto un pezzo della storia del cambiamento della cultura e del modello alimentare nel nostro Paese. Il resto è rappresentato dal quel variegato mondo che fa sotto il nome di "fuoricasa". Qui, come abbiamo visto, le famiglie hanno ridimensionato il budget nel corso della crisi. Dopo decenni di crescita sostenuta anche bar e ristoranti hanno dovuto rallentare e, in alcuni momenti, tornare addirittura indietro . Oggi oltre 12 milioni di italiani pranzano abitualmente fuori dalle mura domestiche e altri 3 milioni vi consumano la cena. Valori che cambiano notevolmente nei fine settimana quando si riduce il numero di chi pranza fuori casa ed aumenta, al contrario, quello di chi vi cena. I ristoranti pieni insomma li ha visti solo Berlusconi.
Nei dati del fuori casa infatti ci sono coloro che mangiano fuori casa ci sono anche coloro che consumano i loro pasti nelle mense o se li portano da casa. Chiudendo le aziende anche le mense chiudono e il dato del fuori casa a mezzogiorno cala. Un capitolo a sé merita la ristorazione scolastica potrebbe essere un veicolo incredibile di educazione alimentare e invece è visto dai comuni come un ulteriore fonte di utili. Mediamente un ticket per la mensa per i bambini della scuola dell'infanzia e della primaria varia dai 3,50 ai 5 euro .Le porzioni naturalmente sono proporzionate all'età se pensiamo che un menù completo a presso fisso per “ operai” in giro per i ristoranti a mezzogiorno è mediamente a 7-10 euro vino compreso,qualcosa non funziona. In molte scuole poi si registra il fatto che molti bambini abbandonino le classi a tempo pieno e quindi compagni e insegnanti e una progettualità molto interessante per passare alle classi che prevedono il rientro a casa a mezzogiorno visto che purtroppo uno o entrambi i genitori sono disoccupati e quindi sono a casa a mezzogiorno ma anche perché non sono in grado quindi di pagare la mensa. In tutta Europa tutti i pranzi scolastici sono più o meno finanziati dal governo. Cominciamo a farci del bene magari tagliamo alcunee spese militari e assicuriamo un pasto buono pulito e giusto ai nostri figli . Avete idea quanti pasti saltano fuori con un F35 in meno? E' solo questione di priorità.