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26 gennaio 2025

Cronaca

Escavazioni nel Piave: “Quanta ghiaia è stata portata via?”

Alla Regione viene chiesto: “Chiarezza su concessioni e quantità di materiale estratto, il Veneto non può essere la Regione delle deroghe”

| Ingrid Feltrin Jefwa |

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| Ingrid Feltrin Jefwa |

Escavazioni nel Piave

VENETO – “Quanti sono i piani di estrazione di ghiaia e sabbia relativi al Piave suddivisi tra le province di Treviso, Venezia e Belluno, le relative concessioni e la quantità di materiale estratto e, ancora, quanti gli ‘scavi’ in deroga?” Esordisce così il consigliere regionale dem Andrea Zanoni che con le colleghe dem Vanessa Camani e Anna Maria Bigon, oltre a Cristina Guarda (Europa Verde), Erika Baldin (M5S) e Arturo Lorenzoni ha presentato un’interrogazione all’assessore all’Ambiente.

I quesiti posti sono legati alla recente legge regionale 27 sull’estrazione di materiali litoidi e ghiaia nelle aree golenali dei corsi d’acqua, nelle spiagge e nei fondali che contempla l’escavazione unicamente per ‘attuare interventi per la sicurezza e la buona regimazione delle acque’. Zanoni quindi precisa: “Abbiamo chiesto i dati dettagliati perché il Veneto non può essere la Regione delle deroghe, soprattutto quando non sono chiari i motivi di una scelta del genere. Si aumenta fino a quattro volte la quantità massima di materiale estraibile, passando da 20mila a 80mila metri cubi, in deroga ai Piani e senza coinvolgere i Comuni: qual è l’interesse pubblico? Non ci è stato spiegato né in Commissione né in Consiglio, vedremo di capirlo dai numeri che ci fornirà l’assessore”.

Il consigliere dem entra quindi nel dettaglio, portando casi concreti: “L’esempio del Medio Piave è significativo: si scava sempre in un tratto limitato, appena 11 chilometri sui 220 totali del fiume, dove indicativamente sarebbero stati già asportati due milioni di metri cubi di ghiaia. E adesso vengono permesse deroghe extrapiano da 80mila metri ciascuna; considerato il prezzo di 20 euro al metro cubo di ghiaia, significa un milione e seicentomila euro a singola autorizzazione. Gli amici degli amici staranno ancora brindando per l’ennesimo regalo della Regione!”.

Quindi conclude: “Non è possibile che si intervenga solo dove guadagna il privato anziché dove c’è un interesse pubblico, come nel Basso Piave, dove il fondale si è innalzato a causa della presenza di fanghi e limi. La Regione non può permettere un vero e proprio saccheggio in una zona tutelata e lungo il fiume sacro alla Patria, in violazione della stessa legge che consente questi interventi solo per ‘attuare interventi per la sicurezza e la buona regimazione delle acque’. Ci sono aree naturali dove vieni denunciato se porti via un bicchiere di sabbia e qui si consente di estrarre milioni di metri cubi di materiale senza batter ciglio. Anzi, incoraggiandolo”.

 



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Ingrid Feltrin Jefwa

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