Fisco, CNA: «Alla prova dei fatti, il concordato è un “condono a lotteria”»
Gli Artigiani chiedono all’Agenzia delle Entrate di posticipare la scadenza del 31 ottobre al 30 novembre
«Il concordato biennale assomiglia più a un “condono a lotteria” che non a una misura per aiutare le imprese a semplificare il rapporto con il fisco, così come invece è stata presentata». Questa è la valutazione di CNA territoriale di Treviso, dopo aver raccolto dai propri responsabili fiscali le prime stime di adesione allo strumento elaborato dall’Agenzia delle Entrate. Adesione che, a quanto sembra, non sarà alta quanto il Governo si aspetta. E questo, a causa di alcuni gravi difetti della misura che stanno emergendo nella sua messa alla prova della realtà.
Ritardi e richiesta di proroga
Ricordiamo che la data per aderire al concordato è il 31 ottobre 2024 ma che il decreto legislativo correttivo è arrivato solo il 26 luglio (e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 6 agosto 2024) e che solo ieri, martedì 17 settembre, è arrivata la circolare operativa dell’Agenzia delle Entrate (18/E)! Dunque i titolari di impresa, assistiti dai propri consulenti, stanno valutando se aderire in questi giorni in vista dell’imminente scadenza mentre l’Associazione Artigiana, visti i ritardi del legislatore e dell’Agenzia, chiede una proroga al 30 novembre.
Prime stime circa le adesioni al concordato
Dalle prime verifiche si ipotizza che aderiranno al concordato dal 20 al 30% delle ditte a regime “forfettario”, e dal 10% al 25% di quelle a regime normale (cioè sottoposte agli ISA, indici sintetici di attività). «Il concordato, va detto per chiarezza – afferma Mattia Panazzolo, direttore di CNA territoriale di Treviso - ha come primario obiettivo per lo Stato assicurarsi in anticipo entrate certe; risponde quindi più ai bisogni del Governo in termini di recupero del gettito fiscale che a quelli delle imprese, come del resto sembrano confermare le nostre prime valutazioni in merito alle adesioni». Il concordato è annuale per i “forfettari” (e quindi relativo all’anno di imposta 2024) e biennale (2024-2025) per le aziende soggette agli ISA. Chi aderisce accetta per uno o due anni il reddito calcolato da un algoritmo dell’Agenzia delle Entrate (e quindi la relativa tassazione) e in virtù di questo gli viene garantito una specie di salvacondotto-condono (relativo e non assoluto) rispetto agli accertamenti fiscali (su, appunto, uno o due anni). Difetti della misura Ma lo strumento, alla prova dei fatti, risulta piuttosto “grezzo” (nello stabilire il reddito concordato e la relativa tassazione) a causa del fatto che i redditi non sono stati calcolati tenendo conto della storicità dei conti dell’azienda. Il risultato è che il reddito concordato è, per la maggior parte delle imprese, più alto di quello che si ipotizza sarà l’effettivo. E mentre al 31 ottobre i “forfettari” avranno un’idea abbastanza precisa del reddito dell’anno in corso, le ipotesi sul 2025 per le ditte soggette a ISA è molto più arduo: molti imprenditori e professionisti, oggi, lavorano con un orizzonte temporale di due mesi. Come fanno a sapere se avranno lavoro o meno nel 2025? «Di fatto – spiega Panazzolo – hanno convenienza ad aderire solo quelle imprese che, per aver firmato dei contratti o sottoscritto degli ordini, sanno già che nell’anno e o nel biennio avranno un reddito molto superiore di quello previsto dall’Agenzia delle Entrate. Per queste tipologie di imprese il concordato si può profilare addirittura come un regalo fiscale». Premiare gli onesti per favorire la lealtà fiscale C’è poi un problema di “giustizia fiscale”. «Le imprese che hanno gli ISA da 8 a 10 – cioè quelle che denunciano redditi più alti e pagano più tasse - si trovano già in una situazione di eccellenza e, se dovessero aderire al concordato, dovrebbero essere premiate con un incentivo fiscale. Ma così non avviene» conclude Panazzolo. Per la CNA, dunque, non è con questi strumenti arbitrari “da roulette”, in cui vengono premiati i fortunati e non i virtuosi, che si può creare un rapporto leale tra contribuente e Stato. Anzi. Le imprese oneste li vivono molto male. È necessario prevedere dei sistemi che garantiscano in modo chiaro e oggettivo delle premialità per le aziende che nel tempo hanno sempre garantito affidabilità fiscale.
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