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23 dicembre 2024

Treviso

IL GIUDICE VOLEVA IL CARCERE PER GENTILINI

Il prosindaco, condannato per istigazione all'odio razziale, non è finito dietro le sbarre perchè incensurato e buon amministratore

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IL GIUDICE VOLEVA IL CARCERE PER GENTILINI

Venezia/Treviso – Gentilini, per la “grave pericolosità della condotta” sarebbe stato meglio in carcere che a piede libero. Lo ha scritto il giudice veneziano Luca Marini, nelle sei cartelle di motivazioni della condanna per istigazione all’odio razziale nei confronti di Giancarlo Gentilini.

La pena inflitta al vicesindaco per le parole contro immigrati, islamici e rom, pronunciate durante l’annuale festa del popolo padano a Venezia, è stata il pagamento di 4 mila euro di multa e il divieto di partecipare ad attività di propaganda elettorale per tre anni, pena che è stata sospesa grazie alla condizionale.

E quel che ha evitato a Gentilini di finire dietro le sbarre è stato il fatto che era un incensurato. Ma anche la sua positiva attività amministrativa passata lo ha aiutato. Per il giudice Marini Gentilini ha commesso un reato “ai vertici gerarchici delle fonti di diritto, sanzionando condotte non giustificabili neppure con invocazione di altri principi di libertà individuale con essa potenzialmente configgenti”.

Il giudice veneziano (che nella sua sentenza definisce la manifestazione veneziana del Carroccio “coreografica”) dice che il discorso di Gentilini, giudicato “esponente di primo piano del partito”, “è rivolto al popolo come un’allocuzione d’impianto messianico, è presentata quale vangelo secondo Gentilini, decalogo dello Sceriffo». Secondo Marini l’ex sindaco di Treviso “cercava il consenso ad un programma "di sostanziale pulizia etnica, razziale e religiosa”.

E il magistrato, per corroborare la pericolosità di certi atteggiamenti e discorsi di istigazione all’odio razziale, conclude le motivazioni ricordando quel che è accaduto dieci anni fa nell’allora Jugoslavia. “Sarà sufficiente rammentare - conclude il magistrato - che non sono trascorsi neppure 10 anni dalla conclusione delle guerre jugoslave, là dove regimi democratici ma ispirati a rigidi principi di identità etnica hanno determinato conflitti dalle più tragiche conseguenze umane: il genocidio è ancora una realtà in Europa”.

 


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