Lavoratori in fuga dal terziario: in provincia di Treviso è boom di dimissioni volontarie
Nel 2022 nella Marca le persone che hanno lasciato volontariamente il lavoro sono state 41.905
| Isabella Loschi |
TREVISO - In provincia di Treviso è boom di dimissioni volontarie. I settori più colpiti? Commercio e terziario. Nel 2022 nella Marca le persone che hanno lasciato volontariamente il lavoro sono state 41.905, di queste il 58,7% riguarda un lavoratore o una lavoratrice dei servizi, del commercio o del turismo, per un totale di 24.030 dimissionari nel terziario. L’andamento della cosiddetta great resignation d’altronde registra dal 2019, quindi ancora prima della pandemia, una crescita imponente e progressiva, variabile fra il 25% e il 58% nel settore dei servizi.
I dati emergono da una ricerca promossa dalla Fisascat Cisl Belluno Treviso e presentata nei giorni scorsi al Consiglio generale, alla presenza di Massimiliano Paglini, segretario generale Cisl Belluno Treviso, Davide Guarini, segretario generale Fisascat e di Giovanni Battista Comiati, segretario generale della Fisascat Veneto. L’indagine è stata condotta su un campione di 474 lavoratori/lavoratrici del commercio e dei servizi nei mesi di febbraio e marzo 2023 nelle province di Treviso e Belluno.
I lavoratori coinvolti nell’indagine sono in maggioranza (72%) donne - a conferma del fatto che il terziario è un settore altamente femminilizzato - in larga parte compresi nelle due fasce centrali di età 45/54 e 55/64 anni e per l’85% assunti con contratto a tempo indeterminato (solo il 10,55% a tempo determinato) tanto che il 48% di loro lavora in azienda da un minimo di 10 a oltre 20 anni. Circa la metà (48%) è in possesso di diploma di scuola superiore. La maggioranza (il 57%) ha da 1 a 2 figli e circa il 30% ha anziani da accudire in famiglia.
Tra le cause di insoddisfazione ricorrono e s’intersecano, la generale mancanza di gratificazione, la scomodità logistica, i carichi di lavoro eccessivi, l’esiguità della busta paga, la scarsa possibilità di crescita, la mancanza di flessibilità.
“Questa indagine ci conferma che, così come cambia il lavoro, deve cambiare anche il nostro modo di approcciare e affrontare il lavoro che cambia - dichiara Patrizia Manca, segretaria generale Fisascat Cisl Belluno Treviso -. L’insoddisfazione del personale dipendente e la mancanza di risorse sono una realtà con cui dobbiamo fare i conti. La soluzione non è perdere i lavoratori/lavoratrici e aumentare i turnover, ma far crescere le aziende e contribuire, in maniera propositiva, a cambiare il mondo del lavoro, assegnando ad esso nuove dimensioni, come quella sociale ben espressa e richiesta da questa indagine”.
La maggior parte dei lavoratori interpellati opera presso aziende che offrono benefit di welfare classici, lontani dagli effettivi desiderata: i dipendenti chiedono un welfare più ampio e diversificato, con ricadute e dimensioni ancora più sociali che includono il supporto per anziani e fragili, l’istruzione dei figli, gli asili nido, lo sport.