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09 novembre 2024

Italia

Manifestazione Pdl, tensione al Csm: due togati lasciano l'aula

| Carlo De Bastiani |

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| Carlo De Bastiani |

Manifestazione Pdl, tensione al Csm: due togati lasciano l'aula

ROMA - Un documento del vicepresidente Michele Vietti, letto in apertura del plenum, riassume la posizione del Csm sulle vicende che riguardano il leader del Pdl, Silvio Berlusconi, dopo l'incontro che il comitato di presidenza ha avuto ieri al Quirinale con il capo dello Stato. Vietti fa suo il richiamo di Napolitano al rispetto reciproco tra politica e magistratura e il rammarico per la manifestazione del Pdl al tribunale di Milano e sottolinea che il Csm ''accogliendo, per senso di responsabilità, l'invito del suo presidente evita, in questo momento, qualsiasi commento sulle gravi vicende accadute''.

Nessun commento dunque ma la riaffermazione del ruolo del Csm di garante dell'indipendenza e autonomia della magistratura. Una posizione concordata con i vari gruppi di togati e laici nel corso di incontri che hanno preceduto l'avvio dell'assemblea, ma sulla quale non sono mancate manifestazioni di disagio da parte di alcuni consiglieri. In particolare due togati Giovanna di Rosa e Paolo Carfì, entrambi giudici a Milano, hanno lasciato l'aula mentre Vietti leggeva il documento.

''Quanto accaduto al palazzo di Giustizia di Milano è terribile - ha detto Di Rosa - la quotidiana routine di accesso a uffici dove i cittadini si aspettano giustizia sotto le immagini di Falcone e Borsellino che campeggiano sul fronte del Palazzo è stata turbata da una manifestazione contro i giudici. L'effetto visivo è parso triste e desolante, quello politico inaudito''.

Anche Carfì ha definito la manifestazione dei parlamentari del Pdl ''un fatto senza precedenti nella storia di quell'Europa a cui apparteniamo'' una ''invasione del Palazzo di Giustizia da parte di una forza politica al completo con un processo in corso''. I magistrati, ha ammonito ''hanno il dovere di poter svolgere il loro compito in piena autonomia e indipendenza''. ''I processi - ha aggiunto - vanno celebrati, nel rispetto delle regole ma vanno celebrati''.

''Il senso di responsabilità e la necessità di evitare gravi conflitti istituzionali mi hanno costretto a non intervenire in plenum, anche se sono uscita dall'aula - ha spiegato ancora Di Rosa - A titolo personale, come magistrato e componente del Consiglio dico basta all'anomalo e squilibrato contrasto tra le istituzioni, che trasmoda ogni limite costituzionale''.

''Non condivido il richiamo al rispetto reciproco perché è la magistratura che non viene rispettata'', ha chiarito Carfì, che si è detto ''deluso a livello personale'' dall'intervento del Capo dello Stato ''perché mette sullo stesso piano l'invasione di un tribunale e i magistrati che aplicano le regole''. E ha sottolineato di essere in disaccordo anche con la richiesta di evitare interferenze e sovrapposizioni tra vicende processuali e politiche: ''la cadenza dei processi la decidono i magistrati, c'è già stata la sospensione elettorale. E' dal '94 che i processi non si possono fare, tra prescrizione leggi ad personam e impedimenti vari''.

Nessun dibattito ha seguito la comunicazione Vietti, anche questa una scelta 'istituzionale' e concordata tra i gruppi. In caso contrario, i laici di centrodestra avevano deciso che avrebbero lasciato il plenum, in attesa della ripresa dei lavori ordinari. Ma oltre a Carfì e Di Rosa, altri consiglieri hanno espresso le proprie posizioni, affidate a note personali, fuori dall'assemblea. Riccardo Fuzio (Unicost), ha detto di apprezzare ''il valore della dichiarazione del presidente della Repubblica, che in questo momento di estrema difficoltà si fa interprete dell'unità dello Stato'' ma ha ammonito il Csm a porsi ''come autorevole baluardo e garante della funzione giurisdizionale'', come ''funzione insostituibile''.

Il consigliere di Area, Vittorio Borraccetti, ha sottolineato che quanto accaduto a Milano deve ''fortemente preoccupare tutti i cittadini italiani'' perché ''la messa in pericolo della divisione tra i poteri'' non è ''questione che riguarda la categoria professionale dei magistrati ma l'assetto costituzionale e democratico delo Stato''. I magistrati italiani, ''hanno profondo rispetto per le istituzioni e ispirano i propri comportamenti allo spirito di leale collaborazione'' ma, ha avvertito, ''nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali hanno innanzitutto il dovere imposto dalla Costituzione e dalle leggi di amministrare la giustizia secondo le regole del processo, adottando in piena indipendenza le decisioni necessarie''. Infine Mariano Sciacca, togato di Unicost, ha espresso ''solidarietà ai colleghi di Milano'' e, citando Bertold Brecht, ha invitato a ''parlare. Per chiedere silenzio nelle aule e rispetto per la giurisdizione e i suoi giudici. Rispetto, rispetto, rispetto - ha ripetuto - Non per protestare ma per ricostruire''.

(Adnkronos)

 



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