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21 dicembre 2024

Vittorio Veneto

Il corpo mi appartiene

La ginecologa Gigliola Tessari riflette sul ruolo passato e presente del consultorio familiare. In un volume che ripercorre la storia delle donne e dei consultori in tutto il Nordest.

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

Gigliola Tessari

VITTORIO VENETO - Gigliola Tessari. E‘ sufficiente il nome, vero? Quasi superfluo aggiungere il titolo di dottoressa, il ruolo di ginecologa. Gigliola Tessari, 73 anni, ha operato per trent’anni al consultorio familiare di Vittorio Veneto. Non solo.

 

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Nella sua lunga carriera ha organizzato, seguito, gestito centinaia di corsi di formazione. A diversi livelli. Soprattutto è stata al fianco di migliaia di donne. Eppure, leggendo quest’ultima frase, Gigliola direbbe No, non solo. Preciserebbe - l’ha fatto nell’intervista che riportiamo - che nei tanti anni di attività professionale non ha incontrato solo donne, ma persone. Perché - sfrondando un pregiudizio che resiste - si è confrontata anche con tanti uomini, mariti, padri, compagni. L’incontro con Gigliola Tessari prende spunto da un saggio monografico pubblicato da Venetica, Rivista degli Istituti per la storia della Resistenza dal titolo Il corpo mi appartiene. Donne e consultori a Nordest. Curato da Alfiero Boschieri e Nadia Olivieri, il volume contiene anche una preziosa riflessione di Gigliola Tessari sul Consultorio familiare a Vittorio Veneto. Tra memoria personale e storia collettiva. “Come ginecologa “storica”, avendo lavorato per trent’anni nel consultorio familiare di Vittorio veneto fin dalla sua istituzione ad opera del Comune nell’ottobre 1978, la memoria si interroga: come raccontare le passioni e gli intrecci di quella stagione che sembra oggi appartenere a un altro mondo?”. E‘ la domanda che Tessari si pone prima di analizzare sotto il profilo legislativo, ma soprattutto professionale e umano l’iter che aveva portato in città - prima che in molti altri comuni della Marca - un’istituzione fondamentale attraverso cui sensibilizzazione e partecipazione alle tematiche del benessere sessuale, contraccettivo, familiare, relazionale hanno trovato la necessaria accoglienza.

 

Gigliola, perché questo volume?

Alfiero Boschiero e Nadia Olivieri spiegano bene che esso nasce da una domanda storiografica e da un’urgenza politica: ripercorrere criticamente i fattori e gli esiti dell’unica rivoluzione riuscita nell’Italia del secondo dopoguerra, quella pensata e agita dalle donne: i consultori diventano il luogo dove si consolidarono la cultura e la pratica dei nuovi diritti.

 

Perché è importante parlare di consultori oggi?

Sembra una briciola in questo periodo esorbitante di difficoltà. Ma ancora si nasce, i corpi si trasformano, i desideri mutano e la vita quotidiana si presenta ogni giorno con le sue esigenze, le sue domande e le sue aspettative. Il consultorio è stato percepito dagli utenti come il “luogo della salute”, il posto giusto dove recarsi in quel momento, per quella situazione, prima che i problemi che avvertono si trasformino in patologia.

 

Quali sono le tematiche che affronti nel tuo saggio?

Mi focalizzo soprattutto sul mio lavoro di ginecologa inserita in una équipe consultoriale subito dopo la specializzazione, dal 1978, anno di avvio del consultorio familiare a Vittorio Veneto. La legge 405/’75, la legge istitutiva, ha permesso un lavoro interdisciplinare e una nuova relazione tra operatori e utenti. Era costante il dibattito sul che fare. In tanti campi non c’erano esperienze precedenti dalle quali partire; la legge delineava i campi di intervento: assistenza alla famiglia e alla maternità, preparazione alla maternità e alla paternità responsabile, problemi della coppia e della famiglia, procreazione responsabile e divulgazione delle informazioni idonee a promuovere o a prevenire la gravidanza. La legge nazionale sembra disattesa, visto il “deperimento” attuale delle funzioni consultoriali. Eppure il consultorio ha risposto bene alle esigenze delle persone. A Vittorio Veneto gli operatori sono stati sollecitati dalla Comunità ad occuparsi delle persone più in difficoltà e questo resta l’obiettivo dell’istituzione di questi servizi: la qualità e gli obiettivi di salute. Le persone che venivano a chiedere sulla contraccezione, sulla conoscenza del proprio corpo sessuale e riproduttivo, erano numerose e l’équipe si è fin da subito attivata nella formazione di gruppi per la contraccezione e gruppi per le donne in gravidanza.

 

Quanto è importante ricordare l’avvio del consultorio familiare negli anni Settanta?

Nel periodo precedente all’avvio del servizio, c’è stata una condivisione tra le forze femminili e femministe e una sensibilizzazione nella cittadinanza: questo è stato fondamentale. Quindi prima di fare c’è stato un tempo per pensare, grazie ad una straordinaria partecipazione delle donne che esprimevano le loro idee, la loro spinta innovativa; è così che i bisogni, le richieste delle persone, sono entrati di diritto nella programmazione, nell’offerta dei servizi consultoriali.

 

Gli obiettivi fondamentali sono stati quindi salute e prevenzione?

Le persone sanno che nei momenti evolutivi e di cambiamento si trovano in un groviglio di conflitti e di polarizzazioni, di aspettative e di ansietà. E si presentavano così, anche in adolescenza, in gravidanza, in menopausa e noi operatori potevamo accogliere tutte le loro parti, vederle nell’insieme o alienarle in un solo aspetto. Per quanto riguarda la prevenzione era necessario lavorare prima che si presentassero conflitti insanabili; per questo, ad esempio, abbiamo cercato di pensare per la gravidanza gruppi che iniziassero fin dai primi mesi e successivamente con una partecipazione dei padri, che sono stati inclusi a pieno titolo nel processo.

 

Quali sono le basi, le finalità indispensabili del servizio consultoriale?

Quelle che abbiamo un po’ perso per strada per mancamza di risorse divenute man mano insufficienti: la presenza di un gruppo di lavoro interdisciplinare che faccia un’offerta attiva sulle tematiche anche a gruppi di utenti, piccoli gruppi per permettere scambio e relazione; sono necessari tempi adeguati, per evitare il ricorso continuo alle strutture sanitarie e disagio emotivo. Per la qualità del servizio consultoriale è necessaria una équipe che permetta una reciprocità tra domanda e offerta con l’attenzione sulle domande emergenti.

 

Come stanno oggi i consultori? Qual è la situazione odierna? E le prospettive future?

Gli scopi dettati dalla legislazione nazionale sono attualmente svolti in modo parcellizzato; risulta difficile mantenere l’idea dell’équipe consultoriale, si presenta una divisione tra psicosociale e sanitario, con compiti diversi assegnati e la difficoltà di reperire risorse per una compresenza. La parte sanitaria rischia di diventare mero ambulatorio e si presenta il ricorso al privato.

 



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Emanuela Da Ros

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