"3 a 0" per il Comune di San Zenone in tribunale contro la Regione
Il caso è relativo al riassetto della viabilità in centro, che la Regione si era impegnata a realizzare con 5,5 milioni
SAN ZENONE DEGLI EZZELINI - E’ arrivata in tempo record nella giornata di ieri la sentenza all’ennesimo ricorso proposto dalla Regione Veneto riguardo all’ormai noto accordo di programma sottoscritto tra Comune e la giunta Zaia stessa nel 2012 invase al quale, a fronte del passaggio della SPV sul territorio sanzenonese, la Regione si impegnava a realizzare un progetto di riassetto viabilistico del centro di San Zenone degli Ezzelini del valore di 5.5 milioni di euro. Dopo anni di impasse, con l’avvento della giunta comunale guidata da Marin, l’amministrazione - determinata a sbloccare la situazione - avviava una serie di azioni volte a concretizzare l’accordo di programma, con il supporto e la consulenza legale dell’avvocato Stefano Zoccarato di Treviso.
Azioni che si sono spinte anche all’ambito legale con una prima diffida nei confronti della Regione nel 2022 affinché la Regione onorasse i propri impegni e che si concludeva con due sentenze favorevoli al Comune che – che, in sintesi, ribadivano in maniera incontrovertibile che: “…la Regione è tenuta ad assumere le iniziative necessarie a dare esecuzione all’accordo, avviando la conferenza dei servizi per l’esame della proposta progettuale presentata dal Comune ricorrente entro il termine di giorni novanta dalla comunicazione o notificazione, se anteriore della presente sentenza. E’ riservata ad apposita istanza, ove permanga l’inadempimento, l’eventuale nomina di un commissario ad acta”.
Peccato che per la Regione l’iter procedurale si sia completato con la sola convocazione della Conferenza dei servizi conclusasi a metà dello scorso settembre e grazie alla quale sono state approvate le linee progettuali dello studio di fattibilità. Dopodiché nulla più è stato fatto al punto che il Comune nei mesi scorsi ha provveduto ad inviare una nuova diffida alla Regione del Veneto che rispondeva a fine 2023 con l’ennesimo ricorso al TAR per chiedere chiarimenti su un’eventuale competenza provinciale alla luce del fatto che nel tempo è cambiato l’assetto gestionale viario (da Veneto strade alla Provincia di Treviso): una richiesta di chiarimenti che aveva tutta l’aria di essere una scusa per riuscire a guadagnare del tempo per posticipare ancora la realizzazione dell’opera.
Precisa il sindaco, Fabio Marin: “Cosa che, di fatto, è stata confermata con la sentenza di ieri, che afferma che il ricorso non può essere accolto perché nulla va chiarito rispetto alla precedente sentenza che, senza alcuna ombra di dubbio, sancisce che la Regione è tenuta a rispettare l’accordo di programma senza se e senza ma, e anche se nel frattempo è mutato l’assetto proprietario della strada, passato dalla Regione alla Provincia, Ora, quindi, alla Regione spetta il compito di procedere nell’iter di approvazione del progetto e nella sua realizzazione, assumendosi le responsabilità dell’accordo sottoscritto 12 anni fa. Un obbligo reso ancora più cogente visto che nel frattempo il Comune ha avviato anche una causa risarcitoria di 5 milioni 560mila euro nei confronti della Regione qualora l’accordo non venga rispettato, con inevitabili conseguenze anche sul piano della responsabilità contabile. Il Presidente Zaia ogni volta che gli ho chiesto udienza mi ha detto di rivolgermi all’assessore De Berti, io chiedo al presidente Zaia se un assessore che non ascolta i territori, che perde 3 volte contro un Comune di 7.300 abitanti, che spende soldi in cause inutili, sia degno di continuare a essere assessore e vicepresidente della Regione”.
Il ricorso è stato considerato infatti inammissibile in quanto, “secondo consolidata giurisprudenza, l’ottemperanza c.d. ”di chiarimenti” di cui all’art. 112, comma 5, c.p.a. costituisce uno “strumento di supporto e chiarificazione per l’Amministrazione qualora alla corretta esecuzione del giudicato si frapponga non l'intento di resistere alle altrui pretese, ma solo la difficoltà di intendere il decisum cui dar seguito nella successiva attività provvedimentale, e per questo utile anche al solo fine di ottenere l'esatta interpretazione della sentenza ottemperanza. Tale azione, pertanto, può essere proposta a condizione che si siano riscontrati elementi di dubbio (deve esservi una effettiva res dubia) o di non immediata chiarezza nella sentenza ottemperanda, per ottenere precisazioni e delucidazioni sui punti della decisione ovvero sulle concrete modalità di esecuzione, senza perciò che possano essere introdotte ragioni di doglianza volte a modificare o integrare l’oggetto delle statuizioni rese, né allo scopo di investire il giudice di questioni che devono trovare la loro corretta risoluzione nella sede dell'esecuzione della sentenza nell'ambito del rapporto tra le parti e l’Amministrazione” (cfr. ex multis, Cons. Stato, nn. 1945/2021 e 4276/2022).
”….I chiarimenti chiesti dalla Regione sono dunque estranei al decisum su cui ottenere ulteriori precisazioni e delucidazioni, mirando ad ottenere un’inammissibile integrazione del giudicato (in nessun passaggio della sentenza ottemperanda il Tar ha dichiarato infondata la pretesa comunale o ha anche solo accennato a tale possibile infondatezza, sicché sul punto nessun “chiarimento” può essere fornito), involgente finanche vicende sopravvenute all’emanazione della sentenza ottemperanda e da questa non esaminate (mutamento dell’assetto proprietario della strada, medio tempore passato dalla Regione alla Provincia). Per le ragioni sopra esposte, il ricorso con cui si chiedono chiarimenti sulle modalità di ottemperanza di una sentenza già attuata va dichiarato inammissibile, non potendo lo strumento in esame trasformarsi in un’azione di accertamento delle legittimità o liceità della futura azione amministrativa né in un'impugnazione mascherata, volta a modificare od integrare il contenuto della pronuncia ottemperanda”.