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23 luglio 2024

Castelfranco

Una chiacchierata con Diego Basso, direttore d’orchestra rock, pop, sinfonico

La passione per la musica lo ha sempre abbracciato ed accompagnato sin dall’età dei 6 anni tuttavia fino ai 30 anni ha fatto il ragioniere

| Federica Gabrieli |

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| Federica Gabrieli |

diego basso

CASTELFRANCO - “Quando la musica incontra le parole, le persone, il silenzio e penetra nel nostro più profondo intimo è un incontro di emozioni senza eguali dove l’armonia trionfa; difficile non lasciarsi cullare, contagiare, abbracciare dal ritmo e dalla sinuosità di essa. I versi fluttuano ed è autentica magia…. Non chiede ma regala…. La musica è poesia dell’anima… tutto accoglie ma non possiede….Un amplesso di melodie che provengono dal cuore, un significato profondo, un afflato sensibile. Soavi, dolci armonie di suoni perfetti che d’incanto si diffondono nelle dischiuse labbra e nell’alternar gentile tra anima e cuore di ciascun che esegue e di chi le riceve. La musica, una trama misteriosa della realtà ordinata in forme e strutture che lasciano l’ascoltatore il compito di decifrarla, trasformando l’ordinario in straordinario, il complesso in semplice, l’amarezza in una filigrana di dolcezza, il visibile in invisibile, il definibile in indefinibile, un linguaggio che unisce tutti in un occulto viaggio etereo e aeriforme…. Con questo alchemico intreccio di emozioni, l’eleganza e la semplicità del grande direttore d’orchestra Diego Basso con la sua bacchetta “magica” accompagna incroci di suoni che aleggiano, arrivano, rimbalzano nel cuore della gente…...

 

Una storia quella del maestro Basso nutrita da una profonda curiosità, perseveranza, determinazione, passione e studio; un viaggio musicale nell’iperuranio della realtà dove la musica crea legami, mescolanze spaziando dal pop, al rock, sinfonico, classico, una liberazione di emozioni che fluttuano. Classe 1964, comincia sin da subito ad appassionarsi al mondo della musica, una lunga attività come direttore d’orchestre nazionali e internazionali pop, rock, sinfoniche; protagonista di importanti progetti nei maggiori teatri italiani e stranieri e nelle principali reti televisive. Da il via alla sua carriera negli anni ’90 con le prime collaborazioni con il mondo Tv a fianco di Paolo Limiti, in programmi come “Domenica In”, “Ci vediamo in Tv”, “Alle due su Rai 1”, “Paolo Limiti show”. Direttore del programma “Sanremo Young” 2018 su Rai 1, della “Sanremo Young Orchestra”, “Viva Mogol” su Rai 1 e “Music e Opera on Ice” su Canale 5. Ha collaborato con vari artisti di fama nazionale ed internazionale: Simon Le Bon, Anastacia, ha prodotto un disco di Morricone con Andrea Griminelli e supporto di Sting e Zucchero. Ha lavorato con artisti come Cocciante, i Pooh, Roby Facchinetti, Gianni Morandi, Massimo Ranieri, Lucio Dalla, Amedeo Minghi, Mario Biondi, Katia Ricciarelli; altresì collaborazioni con Braim May e concerti con Marc Martel.

 

“Arrivo da una frazione di Castelfranco Veneto, dove già all’età di 6 anni ho iniziato a cantare da solista nella mia parrocchia. In quinta elementare arrivò il professor Fraccaro e mi disse che stavano cercando dei ragazzi per il conservatorio di Castelfranco e che io avevo delle predisposizioni musicali. Ricordo che tornai a casa euforico quel giorno raccontando dell’accaduto a mio padre ma prova ad immaginare...lui bidello della scuola media Giorgioni di Castelfranco, quindi il suo mondo era diploma e lavoro… tuttavia acconsente e convinto che non mi scegliessero mi accompagnò al provino. Non avevo alcuna aspettativa e quando uscirono le liste d’idoneità e lessi il mio nome ero felicissimo altresì mio padre non era per nulla contento anzi mortificato. Fui ammesso per il fagotto ed io non avevo la più pallida idea di cosa fosse quello strumento, tant’è che ero talmente piccino che non riuscivo con le mani a contenerlo e suonarlo e mi passarono alla tromba. Da lì è partito il mondo del conservatorio sebbene ad un certo punto alle superiori mi diagnosticarono la poliposi nasale, ho sostenuto varie cure ma non passava tant’è che ho dovuto lasciare lo strumento. Continuando e nutrendo il mio amore verso la musica in tutte le sue forme, all’età di 16 anni mi adoperai nel coro della parrocchia, continuando sempre a studiare, proprio perché mio padre mi diceva che comunque dovevo conseguire il diploma, perché la musica non era un mestiere e mi diplomai. Nel contempo studiai direzione di coro, lavorando molto anche nelle direzioni d’orchestra, scoprendo un mondo a me sconosciuto; altresì mi prodigai in varie situazioni musicali ovvero nel Coro Stella Alpina di Treviso, ho fatto un disco con i Pooh, uno con Celentano, etc. La svolta di fondo arrivò con Paolo Limiti difatti quando ero nel Coro Stella Alpina mi chiamò Luca Giudice un produttore di Milano: avevo quasi trent’anni e da lì una serie di congiunzioni ancestrali mi aprirono la strada in eventi inaspettati televisivi che mi fecero riprendere il conservatorio ed iniziare come musicista professionista a tutti gli effetti.

 

Ognuno di noi ha la propria guida, il proprio maestro…. chi è stato il tuo?

Come dicevo prima Paolo Limiti come modo di fare musica nel senso di approcciarsi alla musica, un lavoro continuo, un grande perfezionista e ricercatore; un uomo di una profondità e cultura strabiliante difatti da lui ho imparato la dedizione a questo lavoro…. Pensa che aveva il coraggio di chiamarmi alle 4 di notte per condividere con me un suo pensiero, una sua idea e poi… e poi… non provava mai perché andava subito in diretta; che uomo! Tuttavia Limiti è stato la mia partenza ma poi è arrivato Lorin Maazel che per me è uno dei più grandi al mondo, comunicava le note forti solo con la forza del respiro ed uno sguardo che abbracciava l’orchestra, incantevole! Potrei continuare a citare il mentore Pasolini, il grande Muti che riuscivano a connettere l’uomo allo strumento come fosse un tutt’uno. Sai il direttore d’orchestra ha un grande compito ovvero quello di guidare l’orchestra e il carisma dimostra chi sei, il resto diplomi, premi o diavolerie del genere non me ne importa. Ci vuole la tecnica ma è l’arte che sconfina, che ti avvolge ed accoglie con un’infinità di colori. La forza della musica scardina, sconfina e fa riaffiorare la parte più intima e primordiale che c’è in te, proprio perché la difficoltà sta nel far uscire la tua emozione, quindi cerco sempre di dare il massimo di me stesso, sempre. Quindi che cos’è la musica per te? La musica è tutto, è totalizzante, è respiro, aria, vita, fa parte di me e le mie scelte sono sempre state in funzione di essa. A volte il silenzio è la musica più forte che mi arriva dentro; cerco sempre di sentire, ascoltare ma attraverso il cuore e non la mente. Molte cose le ho fatte senza pensare rischiando a volte il baratro però c’è sempre un angelo custode che mi ha preso per mano e mi ha indicato la strada giusta.

 

A che età hai annusato aria di successo e quando hai capito di essere giunto ad altissimi livelli professionali?

Sicuramente non sono neanche a metà strada del livello che aspiro - sorride -quando inizi a vedere che quello che stai facendo viene percepito dai grandi artisti, quando cominci a fare televisione e che la gente paga un biglietto per venirti ad ascoltare è una grande emozione tuttavia non lo chiamo successo. Non mi considero né una persona di successo né che è arrivata perché credo che quest’ultimo sia una situazione che oggi c’è e domani non c’è, quindi se tu ti proietti solo in questo senso il giorno dopo arriva la delusione. Ecco posso dire che il mio successo è quello di lavorare giorno per giorno, di fare progetti, anche a lunga scadenza, di nutrire le mie idee, le mie curiosità, aspirazioni, insomma di crescere; sono semplicemente una persona che porta avanti con i propri ragazzi e musicisti la passione per la musica in tutte le sue forme e non forme.

 

Tra le varie esperienze professionali, quali ricordi con un sorriso e quali con rammarico?

Nessun rammarico, solo sorriso. Entro sempre con positività e simpatia su ogni progetto e concerto che vado a fare e il sorriso è la chiave verso chi ti è davanti e dietro, ovvero dare energia positiva. Sai c’è anche una crescita non solo di tecnica ma anche personale da fare. Il palcoscenico non può mentire, quindi bisogna lasciare a “casa” tutto per essere sereno. Se la tua anima è vuota può ricevere e dare, se piena non riesce nello scambio.

 

La tua bravura non ti ha mai emozionato?

No. Mi emoziona quello che esce da me ovvero quello che riesco a tirare fuori dalla mia anima, perché quando ti trovi difronte a migliaia di persone o ti chiudi o ti apri ed aprendoti dai tutto te stesso senza fronzoli e merletti, ti spogli di qualsiasi “vestito” ed esce la parte più bella e pura di te; ti senti libero di esprimere ed esprimerti e quando questo tuo essere così leggiadro, leggero arriva al pubblico è un amplesso indescrivibile. E’ una sorta di dialogo unico, condividendo una emozione che fluisce libera dal palco alla platea e che da questa ultima ti ritorna indietro ancor più travolgente e dirompente. Se non avessi fatto il direttore d’orchestra, in cosa ti saresti adoperato? Avrei fatto il missionario in Africa. Tuttavia la vita è sufficientemente lunga per fare quello che si desidera…. chi lo sa cosa mi riserverà il divenire…..

 

Hai rimpianti?

No, mi fido molto di quello che mi è successo nella vita, anche le difficoltà all’ultimo secondo sono state risolte, questo ti porta a dire … fidati. Che posto hanno i Queen nel tuo percorso musicale? Sai i Queen sono musica ma in un modo fenomenale; hanno scritto pagine di musica. Quando ti innamori di un certo tipo di melodia da giovane e la possibilità di lavorarci dentro negli anni è una indescrivibile e profonda emozione. E’ un gruppo con una infinita e sconfinata cultura musicale, (difatti ad un certo punto del mio percorso ho iniziato a trascrivere alcuni dei loro brani per orchestra) riescono a passare dal rock a chitarra e voce, al piano e voce, che musicisti! Nel mio percorso ho fatto degli incontri inaspettati ed avuto la fortuna di sostenere un concerto assieme a Marc Martel, lui ha cantato nel film sui Queen. Ho avuto anche il merito di lavorare spalla a spalla con il chitarrista dei Queen, Brian May, da lì è nato un lavoro durato tre mesi dove ogni giorno ci si confrontava e proprio da quel percorso si è radicata sempre di più in me la passione per i Queen, tant’è che grazie a Brian May e attraverso le ore passate con lui, capendo quello che era il mondo di quella band ovvero il loro modo di lavorare e di pensare, mi ha aiutato nell’arrangiamento e portato alla scelta dei brani da inserire nel mio “ Plays Queen”, riportando la loro musica ma rivista con le mie idee, senza andare a toccare le parti armoniche tuttavia faccio cantare delle voci femminili nell’arrangiamento.

 

Quale posto riservi a Morricone?

Lui era un eccelso compositore, ricordo che assistendo alle sue prove notavo una grande disciplina, severità, maniacalità e rigore. Lui ha visto le mie trascrizioni e mi ha esortato a continuare il mio percorso musicale. La musica di Morricone mi appartiene dimodochè ho diretto svariati concerti dedicati alle musiche da film di questo grande artista. Tra l’altro la semplicità dei temi è l’elemento principale di Morricone che a differenza di altri compositori cinematografici riusciva a concepire una progettualità la cui sonorità inglobava le immagini e il loro significato in un rapporto che non è più di semplice funzionalità bensì necessità, al punto che il film non può essere più concepito senza relativa musica, un’esperienza capace di liberare emozioni uniche. Cosicchè a mio modo trascrivo ed interpreto la musica di questo grande compositore usando accordi semplici così da non risultare pretenzioso, quindi le mie composizioni risultano di facile ascolto entrando in risonanza con la musica pop. Certo che la musica di Morricone continuerà a far sognare anche le generazioni future oltre che essere studiata.

 

Com’è stata la tua esperienza con Il Volo?

Una intensa collaborazione a livello professionale proprio perché sono stati 5 anni molto belli con loro, li ho seguiti nelle tournée in giro per il mondo, spaziando dal tour italiano a quello nordamericano con un grande finale all’Arena di Verona. Si lavorava duro ma in palcoscenico mi lasciavo trasportare da loro, c’era un clima di serenità e poi li sento quasi miei figli ed il rapporto è rimasto tale. Il cantante con cui hai avuto una grande empatia? L’empatia più forte, perché abbiamo fatto un grande lavoro assieme, è Roby Fachinetti; con lui c’è una sintonia incredibile ed una grande amicizia che va oltre il lavoro. Passiamo dei momenti assieme importanti condivisi di persona e al telefono; un uomo con una grande profondità ed umiltà, ha una energia e forza d’animo particolare, profonda e coinvolgente.

 

Sei riuscito a realizzare il tuo sogno nel cassetto?

Quello che ho fatto fin a d’ora è andato aldilà dei miei sogni, però qualcun altro c’è sempre. Pensandoci bene e non troppo ho un cantante che mi manca nel mio mondo, è un artista che amo a livello musicale ed è Renato Zero; anche perché adoro Renato Serio che ha fatto tutti gli arrangiamenti a Renato Zero ed è stato un maestro con il quale ho collaborato a “Natale in Vaticano” e che mi ha fatto dirigere dei pezzi che prediligo; è uno degli arrangiatori più bravi del nostro panorama. Cosa ne pensi della musica d’oggi e com’è cambiata negli anni? Dipende un po' da cosa tu fai ascoltare ovvero la musica di oggi secondo me si è involuta per alcuni aspetti proprio perché manca l’aspetto culturale; una volta i grandi musicisti italiani e americani protestavano attraverso le canzoni, scrivendo testi contro la guerra, la politica, il fascismo; oggi lo si fa ma in un una maniera completamente diversa. Oggigiorno siamo andati verso cose che forse costano meno, perché servono degli investimenti da parte delle case discografiche, ovvero manca il mondo dell’orchestra sinfonica, della grande orchestra altresì manca la ricerca, non c’è un brano che rimane perché non ci sono più i dischi, è cambiato il mondo. Non condivido molto i testi rep e trapper tuttavia adoro i grandi poeti cantautori.

 

Che cos’era per te la musica e cos’è per te oggi la musica?

Per me la musica ha una M sola, non può essere divisione. Dalla musica del coro degli alpini a quella che si suona in chiesa, alla sinfonica, classica, la musica pop, rep, è una M con tante sfaccettature. Quindi la musica non può cambiare, noi dobbiamo avere la cultura musicale, io dico sempre che un direttore che fa pop, rep deve avere dei passaggi della musica classica, perché ti fa capire, sentire, ragionare. La musica classica, sinfonica è purezza non ha amplificazioni e se poi la applichi nel mondo della musica pop ti regala delle emozioni pazzesche. Pensa che una volta sono venuti da me, all’Art Voice Academy, la mia scuola, dei ragazzi rep a registrare, pieni di tatuaggi che non si vedeva quasi il colore della pelle; ho parlato dei Beatles e nessuno li conosceva e quando ho fatto fare a tutti un pezzo del quartetto inglese, si sono illuminati.

 

Due parole su Sanremo ed una previsione di Sanremo 2025…

Quest’anno a Sanremo c’è stato una evoluzione dei direttori d’orchestra e degli arrangiatori molto preparati; difatti ho notato una certa predisposizione nel mettere l’orchestra anche nei brani rep, che sul disco non c’è ma che a Sanremo l’hanno messa; questo significa un piccolo passaggio verso una ricerca di quello che potrebbe essere la grande musica. Il prossimo Sanremo credo sarà un ridimensionamento generale, un ritorno a un Sanremo meno mondo rep e trapper.

 

Chi era Diego e chi è oggi?

Era un uomo che ha sempre sognato e che continua a sognare; tuttavia ha una parte pragmatica che la usa due ore al giorno. Pensare positivo, lasciare che le cose arrivino senza forzare troppo ed essere sempre in contatto con il bambino che c’è in me. Vedi io ho la fortuna di avere due meravigliosi nipotini di 3 e 1 anno, basta che ci guardiamo negli occhi e ci capiamo proprio perché hanno questa purezza, semplicità, leggerezza, una attitudine alla libertà; così grazie a loro cerco di essere più vicino possibile al loro modo di approcciarsi alla vita; il sognare e la serenità interiore che cerco tutti i giorni è essenziale per fare musica e creare emozioni.

 

Un consiglio ai giovani, musicisti, artisti, cantanti…

Di credere nei loro sogni qualsiasi essi siano e non smettere mai di sognare, altresì di nutrire il desiderio di curiosità. Nella mia vita ho creduto nelle mie capacità e passioni fino in fondo e sempre. Avevo già 30 anni e non avevo ancora fatto nulla di importante nel mondo musicale, e tutti mi dicevamo, amici e famigliari, “ma dai dove vuoi andare” ed invece io ci ho creduto. Devi essere sul pezzo ogni giorno perché c’è molto sacrificio; tutti vedono la parte bella ed è giusto che sia così ma dietro c’è molto lavoro, sacrificio, rischio, sofferenza; è un mondo che si muove con una velocità pazzesca e questa è la grande essenza. Non credo alla vincita della lotteria perché è passo dopo passo che riesci a portare avanti e costruire qualcosa di solido. Io dico sempre ai miei ragazzi “il momento che vincerete Sanremo sarà il momento del vostro declino se non avete delle spalle solide sotto”.

 

Una musica la tua, sconfinante ed inafferrabile, senza tempo e luogo.

Sai i miei concerti li ho fatti al mare, in montagna quindi se ho la possibilità esco dai soliti luoghi canonici, proprio perché il teatro è circoscritto, quello che invece la natura regala è pazzesco; tutti i sensi vengono liberati e accolgono con un infinito abbraccio tutto ciò che accade intorno a te….è etereo; ogni concerto è diverso ma in mezzo alla natura è tutto amplificato, cose uniche ed indimenticabili. Ricordo concerti fatti all’alba suonando la musica di Morricone dove man mano che il sole spuntava ed illuminava, i colori inebriavano la vista e il cuore e tutti i sensi venivano avvolti e cullati da un miscuglio di emozioni indescrivibili.

 


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