L' ultimo esorcista
Intervista a monsignor Bruno Fava, 90 anni e un solo nemico: il diavolo
| Andrea De Polo |
VITTORIO VENETO - L’ultimo esorcista della diocesi è un prete 90enne in splendida forma. Guida ancora l’auto, legge ogni mattina la Gazzetta («Me la regalano perché adoro il ciclismo»), si prende cura di tre galline («fanno nove uova al giorno, per me sono troppe: le regalo»).
Lontano dall’immagine “cinematografica” degli esorcisti, monsignor Bruno Fava, per 26 anni parroco a Ceneda, è un uomo sereno e disponibile, che parla senza problemi di quello che, negli ultimi anni, è il suo unico nemico: il diavolo. Nessun tabù: gli indemoniati, Catechismo alla mano, esistono, e lui prova ad aiutarli: «Solo dopo che i medici hanno rinunciato a ogni tentativo. A volte me li mandano loro». Sono casi estremamente rari: monsignor Fava ha iniziato a fare l’esorcista su mandato del vescovo Eugenio Ravignani, e negli ultimi dieci anni ha esorcizzato solo tre persone (donne). Dal 2004, però, ne ha “in cura” una quarta. Un ragazzo di 35 anni del Bellunese: «Ci incontriamo tre volte a settimana. Ha dovuto rinunciare agli svaghi dei ragazzi della sua età, per provare a liberarsi dal disturbo che lo opprime. È sulla via della guarigione, ma è un processo molto lungo».
Come si svolge un esorcismo?
Sono necessarie più sedute di preghiera. Con questo ragazzo continuano da dieci anni. Arriva e si siede qui, davanti a me. Lo benedico e preghiamo assieme in latino per un’oretta, sia con i testi del Rituale Romano, che con alcune preghiere che ha scelto lui.
Come ha imparato?
In seminario se ne parlava, ma non esistevano corsi appositi. Un giorno Ravignani mi disse: “Se la sente di fare l’esorcista?”, e solo da allora ho iniziato a informarmi, e studiare. Poi si impara con l’esperienza.
Cosa succede a una persona posseduta dal diavolo?
All’inizio, il ragazzo che seguo era molto inquieto. Quando pregavo si agitava, non riusciva a stare seduto, urlava. In certi passaggi del rituale, sembrava impazzito. Ora è più tranquillo, non ho mai assistito a certe scene “da film”, come quando l’indemoniato parla lingue che non conosce. Non escludo che possa succedere in casi di possessione particolarmente gravi.
Come si riconosce un “indemoniato”?
In moltissimi casi vengono qui solo persone “disturbate”, a cui basta una benedizione. In quattro casi ho avuto a che fare con possessioni vere e proprie. Sono disturbi che i medici dichiarano inguaribili. Di fondo c’è una grossa inquietudine. Il ragazzo bellunese, per esempio, non può guidare: il demonio lo disturba in prossimità di luoghi particolari, i ponti nel suo caso.
Lei in base a cosa distingue una persona con un disturbo mentale, da un caso di possessione?
Mi raccontano subito la loro storia, nei dettagli, quello che ha detto loro il medico, e perché li ha licenziati. Non dimentichiamo che, nel Vangelo, Gesù ha liberato più di una persona dal diavolo. Noi esorcisti abbiamo sempre l’autorizzazione del vescovo.
Ci sono persone più “predisposte” a essere possedute?
Vivere cristianamente è una buona protezione. Ma spesso chi è posseduto non ha colpe particolari. Non dimentichiamo che il diavolo è un angelo caduto, ed è molto intelligente: sceglie le sue vittime sperando di avere dei risultati. Ma ora è da un po’ che non riscontro nuovi casi. Qui il Cristianesimo ha fatto piazza pulita del diavolo; altrove, come nelle missioni, dove la religione ha radici meno profonde, ci sono più casi.
Ma lei non ha paura?
No, il Signore è più forte del diavolo. Mi fa solo pena vedere quanto soffrono le sue vittime.