Omicidio Sharon, lettera di minacce ad avvocato di Sangare: "Lascia difesa o ti spacco la testa"
La lettera è stata recapitata da Verona il 18 settembre scorso all'avvocato Giacomo Maj
| AdnKronos |
Una lettera di minacce, scritta al computer, firmata e in busta chiusa, è stata recapitata da Verona il 18 settembre scorso all'avvocato Giacomo Maj, difensore di Moussa Sangare, il 31enne di origini africane, reo confesso, in carcere per l'omicidio di Sharon Verzeni.
"Molti immigrati assassini l'hanno fatta franca con finti disturbi mentali spinti da avvocati senza scrupoli - si legge - Anch'io sono infermo di mente, ho una grave forma di psicosi. Una mattina verrò a trovarla nello studio e se lei continua a difendere questo topo di fogna io le spacco la testa davanti a tutti i suoi colleghi dell'ufficio. I giudici sono gente civile, diranno che sono incapace di intendere e di volere". E infine, l'invito a lasciare la difesa "e io - scrive l'uomo - lascio stare te e la tua bella famiglia. Quell'uomo deve crepare in carcere".
“L’Aiga (Associazione Italiana Giovani Avvocati) esprime solidarietà e vicinanza all’avvocato Giacomo Maj, difensore d’ufficio di Moussa Sangare, il trentunenne reo confesso dell’omicidio della giovane Sharon Verzeni, destinatario di una lettera di minacce per il solo fatto di svolgere la sua funzione di difensore - afferma Carlo Foglieni, presidente Aiga - Tali atti intimidatori rappresentano un attacco non solo alla sua persona, ma a tutta la categoria e ai valori fondamentali della giustizia e del diritto di difesa”. Per il presidente nazionale Aiga, “la violenza e le intimidazioni nei confronti degli avvocati non possono più essere tollerati, perché mirano a ledere l’autonomia e l’integrità del diritto costituzionale di difesa, pilastro essenziale della nostra democrazia”.
“Al collega Giacomo Maj, socio della sezione Aiga di Bergamo, rinnoviamo il nostro sostegno incondizionato”, dice Foglieni. “Al tempo stesso, occorre rilevare una volta di più come venga portata avanti una illogica immedesimazione dell’assistito con il proprio difensore, che denunciamo da anni e che trova terreno fertile nella mediaticità dei processi. Un elemento che mina la sicurezza e l’indipendenza dei professionisti che devono, invece, sempre essere preservate”.
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