Omicidio Tassitani: tre lettere anonime potrebbero riaprire il caso
Fusaro sarebbe solo esecutore materiale del delitto. Ora la famiglia chiede risposte alla Procura
CASTELFRANCO - Michele Fusaro, il falegname di Bassano condannato per l'omicidio di Jole Tassitani, la figlia del notaio Luigi che venne sequestrata e uccisa nel dicembre del 2007 a Castelfranco sarebbe solo l'esecutore materiale del delitto. È quanto sostengono tre lettere che sono state recapitate nel febbraio dello scorso anno, quindi a oltre 10 anni dal delitto, al padre della vittima, alla sorella maggiore e al legale della famiglia, l'avvocato Roberto Quintavalle, riporta il Corriere del Veneto.
Proprio il legale aveva sempre sostenuto che "il punto più oscuro della vicenda è proprio la mancata scoperta dei complici". Difficile immaginare che il delitto possa essere stato compiuto da una sola persona, in quel garage di Bassano del Grappa dove è stato rinvenuto il corpo della donna. Fusaro è stato condannato a 30 anni di cui 13 già scontati. Tutte e tre le lettere contengono il nome di un uomo indicato come "Complice e mandante" e definito con parole sprezzanti "zingaro, slavo di etnia sinti”. Il nome è quello di una persona conosciuta in città.
L’AVVOCATO DELLA FAMIGLIA TASSITANI
Michele Fusaro, condannato a 30 anni di carcere per il crimine, oggi, a 13 anni di distanza, potrebbe conseguire il diritto ad una breve ""vacanza" dalla prigione. "I permessi premio sono cose che si devono valutare con enorme prudenza. Concederli a una persona che non ha mai voluto collaborare nell'individuazione dei complici, che senz'altro ci sono, è qualcosa che fatico a comprendere". È il punto di vista di Roberto Quintavalle, avvocato della famiglia di Iole Tassitani, che inoltre esprimere forte perplessità sul nome di un possibile complice indicato in alcune lettere anonime scritte a mano.
"Citano una persona di Castelfranco che conosco benissimo e rispetto alla quale nutro una stima personale. Non credo affatto - aggiunge il legale - che possa aver collaborato ad un simile disegno criminale. In ogni caso era mio dovere consegnare il materiale alla magistratura". L'insistenza sulle ipotesi di una presenza di collaboratori al crimine, espressa negli anni più volte dal legale, non è del resto rimasta priva di conseguenze. "Ho ricevuto diverse minacce - aggiunge Quintavalle - e questo non fa altro che rafforzare il mio pensiero. Fusaro non avrebbe mai potuto da solo sezionare ripetutamente il corpo, nonostante non ci fossero altre possibilità, per lui, per cercare di evitare ripercussioni, di sopprimere la donna con la quale c'era una conoscenza consolidata".
Il movente del delitto, in sintesi, fu quello di un riscatto da ottenere dalla famiglia di Tassitani. E le richieste arrivarono anche dopo la morte della donna, il cui corpo avrebbe dovuto essere incenerito in un impianto dell'azienda in cui Fusaro lavorava, in quei giorni non funzionante per manutenzione. "Fusaro conduceva una vita da lavoratore normale - sottolinea ancora Quintavalle - ma purtroppo frequentava persone nullafacenti e sicuramente dotati di meno scrupoli nel portare fino a questo epilogo un sequestro di persona. Ricordo anche una conversazione con il difensore di Fusaro, Pietro Longo - conclude - il quale si dimostrò particolarmente stizzito per il fatto che il suo assistito si rifiutasse pure con lui di accennare ai suoi complici".
IL SINDACO
“I nuovi elementi emersi su possibili complici di Michele Fusaro, suggerirebbero "di riaprire il caso. Non mi sembrano novità trascurabili". Lo afferma Stefano Marcon, sindaco di Castelfranco Veneto. "Soprattutto se si tiene conto che nell'iter processuale - aggiunge Marcon - sono state messe in evidenza forti probabilità che l'omicida sia stato affiancato da altre persone". Per il sindaco "bisogna rispettare la volontà dei familiari di Iole. Se la famiglia reputa che l'amministrazione comunale possa affiancarla nel sollecitare una ulteriore ricerca di verità non mancheremo certo di aderire ad ogni sua richiesta". Quanto alla possibilità, ventilate sulla stampa, che Fusaro, dopo aver scontato 13 anni, possa ora usufruire di permessi premio, Marcon sottolinea che questo ha generato in città "una percezione di un'ingiustizia su un'altra ingiustizia".
LA FAMIGLIA CHIEDE NOTIZIE ALLA PROCURA
"Chiedo alla Procura di avere notizie sull'indagine che riguarda l'identità della persona il cui nome è contenuto nelle tre lettere anonime che abbiamo ricevuto". Lo dice all'ANSA Luisa Tassitani, sorella di Jole. "Abbiamo deciso di rendere note le lettere - spiega - perchè nei giorni scorsi la stampa ha scritto che Fusaro può ora chiedere dei permessi premio, con uscita dal carcere temporanea". La famiglia Tassitani sta ancora aspettando di conoscere la verità sulla morte della congiunta: "non stiamo accusando nessuno ma abbiamo sempre sostenuto che Fusaro non abbia mai detto tutto quello che sapeva". "Nelle tre lettere si fa un nome indicandolo come il mandante del delitto - conclude - e io chiedo di avere notizia delle indagini fatte su quel nome".