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27 novembre 2024

Vittorio Veneto

Fulvio Ervas: è in atto una selezione artificiale che consuma i nostri territori

"Credo che l’ispettore Stucky sarebbe stato attratto da monsignor Pizziolo: gli piacciono le persone fuori dall’ordinario, stravaganti o coraggiose"

| Roberto Grigoletto |

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Fulvio Ervas:  è in atto una selezione artificiale che consuma i nostri territori

VITTORIO VENETO - Fulvio Ervas - uno scrittore che è un vanto per la Marca e oltre - sul prosecco ha scritto un romanzo che è diventato anche un film: “Finché c’è prosecco c’è speranza”.

La polemica scaturita dalle “esternazioni” del vescovo di Vittorio Veneto, mons. Corrado Pizziolo, l’ha osservata da vicino. Gli chiediamo se, dovendo scriverlo oggi, aggiungerebbe un capitolo al suo romanzo.

Credo che l’ispettore Stucky sarebbe stato attratto da monsignor Pizziolo. Gli piacciono le persone fuori dall’ordinario, stravaganti o coraggiose. Mi immagino un incontro tra l’ispettore e il vescovo per chiarirsi le idee su come sta andando nelle terre del Prosecco: un dialogo scoppiettante.

Che cosa pensa della cose dette dal vescovo di Vittorio Veneto?

Toccare il prosecco è sempre una faccenda rischiosa. Stiamo parlando di un sistema che, in Regione, pesa sia sul piano economico che politico. Basterebbe ricordare quanta energia è stata messa in campo per la sceneggiata, surreale, dell’estensione dell’areale di coltivazione del Prosecco verso il Friuli e poi a lambire il triestino, con il paesetto proprio di Prosecco: battaglia campale per difendere la denominazione dalla concorrenza straniera. Ma, vendetta della storia, o del tempo che non ama le furbate, il problema si sta ripresentando mentre nel paesetto carsico non credo ci sia nemmeno un ettaro delle preziosissime bollicine. Oltretutto estendendo l’areale dalle colline alla pianura si è creata una concorrenza interna al sistema ( tra D.O.C e D.O.C.G) non proprio foriera di serenità.

Quindi ha fatto bene a dire pane al pane e vino… al vino?

L’intervento del Vescovo mi ha fatto piacere, è un richiamo alla realtà, per andare oltre l’immagine da cartolina dell’oceano delle bollicine. Ho anche pensato che una parte della Chiesa stia sviluppando una buona sensibilità ambientale. Forse è quella parte che legge di più, che ha qualche nozione scientifica o che ascolta i propri fedeli e la loro preoccupazione non solo per il Covid, ma per l’aumento delle patologie degenerative e di quelle autoimmunitarie. E, come ogni persona dotata di intelletto, le correla alle condizioni in cui respiriamo e mangiamo.

Che cosa pensa della monocoltura del prosecco e delle sue implicazioni?

In realtà tutta l’agricoltura intensiva è basata su poche varietà: la monocultura del mais e della soia sono onnipresenti. Le nostre terre coltivate sono dei malati cronici che teniamo in vita con fertilizzanti chimici e con trattamenti di diserbo e infestate da insetti opportunisti, legati a quella coltura che stiamo facendo. Abbiamo operato una selezione artificiale che consuma i nostri territori, rapidissimamente, in nome del profitto condito da una certa ignoranza in fatto di ecosistemi. La monocultura del Prosecco rientra in questo tipo di visione del rapporto con il mondo fisico: trasforma e guadagna.

Si sottovalutano, secondo lei, anche a livello di opinione pubblica, i rischi che si accompagnano all’impiego di certe tecniche e all’uso di pesticidi?

Bisogna riconoscere che una parte dei produttori è cosciente dell’impatto ambientale determinato dalla monocultura. Si dichiara spesso di voler ridurre gli interventi chimici sui vigneti. Ma questa volontà, comunque parziale, deve sempre fare i conti con le esigenze economiche del sistema Prosecco, con le aspirazioni di allargare il mercato estero e su questo filo, sottilissimo, la coscienza della tutela ambientale e della salute è costretta a procedere come un funambolo che rischia di cadere proprio sulla testa dei cittadini.

Quali le vie di uscita possibili?

Non ho competenze così profonde per dire che un’agricoltura sostenibile possa diventare concretamente il modo maggioritario di produrre Prosecco e non solo lo sforzo di una nicchia di produttori. Istintivamente mi sento di dire che è solo un sogno, benché mi piacerebbe che si attuasse. Quelle colline sono incantevoli e preservarle come un’entità vivente, degna di rispetto, dovrebbe essere un obiettivo altissimo. Che ci farebbe produrre bollicine nell’anima…

 


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