Rimandare Zaia, non i ragazzi con la didattica a distanza
Insegnanti e sindacati contrari all'idea di lasciare a casa gli studenti dell'ultimo anno
TREVISO - I professori bocciano Zaia. Giudicano errata la soluzione che propone di dare al problema dell’aumento di casi positivi al Covid: spedire a casa con la Didattica a distanza le classi quinte è una pura e semplice contraddizione.
Mariella Petrini (Storia dell’Arte al “Duca degli Abruzzi di Treviso): “Non sono per niente d'accordo con Zaia. Abbiamo già sperimentato che la DdD non ha funzionato. Meno classi "pollaio" e spazi più ampi per diminuire il rapporto alunni-classe; più corse dei mezzi pubblici e magari fondi da erogare alle società private dei trasporti; meno soldi per banchi per lo più già in uso e più strutture architettoniche alle scuole”. Le fa eco Enrico Cazzaro, docente di Chimica al Liceo Artistico di Treviso: “Una proposta miope e sbagliata perché si preoccupa solo del problema logistico, di cui da tempo la Regione Veneto si sarebbe dovuta occupare in vista di questo nuovo anno scolastico, e non tiene conto delle conseguenze didattiche e sociali della scelta che andranno ad impattare sul futuro dei giovani. È chiaro che se una regione ricca come il Veneto non ha i soldi per garantire un trasporto pubblico locale in sicurezza significa che quei soldi sono stati spesi per favorire altri interessi ed è stato messo in secondo piano il futuro dei nostri ragazzi”.
Dal liceo classico “Canova”, la prof.ssa di Lettere, Rosanna Potente si dice “assolutamente contraria: i motivi sono facilmente comprensibili. Zaia dovrebbe intervenire su altri fronti, potenziando i trasporti, non sacrificare la scuola”, mentre la docente di Cinese, Francesca Croin si chiede “dove stia il guadagno nel lasciare a casa solo le quinte; al massimo posso capire l'idea di dividere le classi a metà, facendole frequentare in presenza o online. Però ricordiamoci che sono i ragazzi i primi a dire che la didattica a distanza è meno efficace”. Il prof. Claudio Ragazzi insegna Disegno del “Da Vinci”: “Mi domando perché solo le quinte. Forse perché, essendo i più grandi, dovrebbero avere un maggior grado di autonomia nello studio e pertanto sarebbero meno penalizzati dalla Dad rispetto ai più giovani? Ma la DaD non può sostituire la didattica in presenza. Capisco il problema dei trasporti verso e dalle scuole ma non è di facile soluzione. Se chiudono però sarebbe la mazzata finale”. Sempre al Liceo Scientifico di Treviso insegna Filosofia il prof. Paolo Criveller: “Lasciare a casa le quinte non mi sembra una grande soluzione. Che messaggio si veicola poi? Che i più grandi possono anche fate a meno della scuola? Ma poi, a un problema che si pensa si risolvere ne subentra un altro: crediamo davvero che i ragazzi se ne stiano chiusi in casa se non devono recarsi a scuola? Almeno nell’ambiente scolastico possono sostare in un ambiente protetto che garantisce la sicurezza sociale”.
Anche dai sindacati della scuola pollice verso. Teresa Merotto (Cisl): “A Treviso le superiori hanno attivato da subito una parte di lezioni a distanza, la cui qualità rimane un problema. La preoccupazione è di non garantire agli studenti a fine percorso tutti gli strumenti cognitivi necessari per affrontare il lavoro o il proseguimento negli all’università”. Salvatore Auci (Snals): “La proposta Zaia potrebbe anche andar bene, ma dovrebbe essere applicata a tutte le classi della scuola superiore per essere realizzata. Lavorando i docenti nelle varie classi del biennio e del triennio delle scuole superiori, con classi in presenza e classi in DaD, la gestione dell'attività didattica risulterebbe assai complessa”.