Una proposta di legge per insegnare il veneto nelle scuole della regione. Ma quale?
Bitonci (Lega), torna all’attacco: “Lingua veneta in classe, in tv, per radio”
Massimo Bitonci
VENEZIA - Non ha una grammatica scritta e non ha un vocabolario riconosciuto: la lingua veneta, di fatto, non esiste ma il deputato leghista Massimo Bitonci e altri 17 deputati vogliono che venga insegnata a scuola, dall’asilo all’Università. Togliendo spazio, magari, all’inglese, che già si insegna poco. Prima di rendere questa lingua materia di studio, però, bisognerebbe inventarla. Definirla. E capire se, ad esempio a Puos d’Alpago, bisogna dimenticarsi del proprio dialetto per far posto a questo nuovo idioma.
E’ stata depositata (di nuovo!), in un’altra veste, una proposta di legge per inserire tra le materie scolastiche, già dalla materna, l’insegnamento di una sedicente “Lingua Veneta”. Se ne parla ormai dal 2009, forse anche da prima, e all’epoca il grande poeta Andrea Zanzotto, che con il dialetto diede vita a versi eterni, aveva ragguagliato: ““Sono proposte senza capo, né coda. Sono tutti discorsi a vanvera”. “Non ha senso – aveva spiegato il grande poeta di Pieve di Soligo in un’intervista a OggiTreviso – insegnare il dialetto. Il dialetto si apprende …naturalmente. E poi, volendo accademizzarlo, quale dialetto si sceglierebbe? Non esiste un dialetto. Esistono i dialetti. Non esiste una koinè veneta: certo le microlingue locali si assomigliano, ma ognuna ha una sua identità. Ogni dialetto è diverso: è se stesso nella sua diversità.”
Nel 2016 l’argomento era tornato di grande attualità, e anche il comico veneto Natalino Balasso aveva spiegato che “in Veneto esiste una lingua che si chiama veneziano e una miriade di dialetti”, non una lingua veneta. E a Belluno cosa insegni, il veneziano? C’è un po’ di confusione, al riguardo.
Ma veniamo al disegno di legge. La finalità della proposta, si legge nel documento, è quella di “garantire una maggiore tutela alle lingue minoritarie”. “La tutela e la promozione delle lingue minoritarie rappresentano, quindi, un contributo per una positiva politica di multilinguismo che può migliorare le opportunità dei cittadini: possono aumentare l’occupazione, facilitare l’accesso a servizi e diritti e accrescere la solidarietà grazie a un maggior dialogo interculturale e a una migliore coesione sociale”. Nel campo dell’istruzione, il fine è quello di “consentire e promuovere l’insegnamento delle lingue e culture regionali nell’ambito dei programmi ufficiali, dalla scuola materna fino all’università. Consentire e tener presente, per rispondere alle esigenze espresse dalla popolazione, l’insegnamento nelle lingue regionali nelle scuole di ogni ordine e grado con una particolare attenzione alla scuola materna, affinché il bambino possa parlare la sua lingua materna”. Gli insegnanti dovrebbero formarsi a questo scopo, si legge ancora. Anche quelli che arrivano dal sud?
Il deputato leghista va oltre: anche quando si torna a casa, bisognerebbe ascoltare la lingua veneta. “Per la tutela delle lingue minoritarie - si legge ancora del testo depositato alla Camera- le regioni possono inoltre sottoscrivere accordi con la società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo e con le emittenti radiotelevisive locali, anche a tal fine appositamente costituite, per la promozione di trasmissioni giornalistiche e di programmi generali in lingua minoritaria “. Insomma, anche il Tg regionale dovrebbe tenersi in “lingua veneta”.
Nel disegno di legge viene dichiarato: “Ancor oggi la lingua veneta è parlata dal 69,9 per cento degli abitanti del Veneto, con particolare riferimento ai contesti relazionali familiari, ma anche tra le classi dirigenti”, senza specificare, però che in questo 70% di parlanti veneti ci sono centinaia di idiomi e sfaccettature diverse, lessicali e sintattiche. Certo, probabilmente si capiscono tra di loro, ma a Rovigo, Padova, Venezia, Belluno, Vicenza e Verona si parla in modo totalmente diverso. E anche all’interno di una stessa provincia esistono centinaia di dialetti differenti.
L’idioma veneto è valorizzato come patrimonio linguistico regionale dalla Regione Veneto, ma l’ente ne ammette il carattere composito, perché questa lingua, a differenza ad esempio del friulano, non ha una grammatica scritta. Ed è qui che sta la differenza tra lingua e dialetto, ed è per questo che non è chiaro cosa il leghista Bitonci, con questo disegno di legge, si proponga di portare nella classi. Non sarebbe meglio un po’ più di inglese? O - Lorenzo Fontana "inpiegato" insegna - di italiano?