Una rotonda che è una ciambella (coi buchi)
L’opera urbanistica che bocciò l’uomo “dalla schiena dritta” ha rotto il verde e la centuriazione, ma non ha risolto nulla
VITTORIO VENETO - L’inaugurazione della rotonda Pinto-Bressana riapre l’album dei ricordi di una storia mesta e travagliata. Quella rotonda doveva essere pronta ancora all’apertura della Pinto perché scritta nel progetto esecutivo andato in asta e finanziato da Regione e Provincia. Per motivi mai chiariti - si sa quanta foschia aleggi spesso sugli appalti in Italia - ci son voluti invece altri dieci anni perché si materializzasse, ora con aggravio per le casse comunali. Ed è stata realizzata per l’evidenza, supportata da alcuni incidenti, delle continue rischiose infrazioni a quell’incrocio collegante Ceneda alla zona industriale. La bretella Pinto, osteggiatissima da un forte comitato civico, portò pesanti danni ambientali e la distruzione della centuriazione romana cenedese, una delle meglio conservate del nord Italia. Quest’ultimo era il motivo per il quale la Soprintendenza diretta da Guglielmo Monti, galantuomo dalla schiena dritta, si era fermamente opposto ad essa; e proprio per questo motivo egli venne destituito, come dichiarato in pubblico dall’allora presidente della Provincia.
I Comitati civici, proponendo precise alternative, sostenevano che quella strada era sbucata in agenda non certo per produrre i benefici viabilistici sbandierati ma per compiacere alle esigenze del nuovo supermercato di viale Matteotti. Questi benefici avrebbero dovuto essere: 1) l’alleggerimento del traffico sulla inquinatissima direttrice San Giacomo - rotonda V FOD - ed è avvenuto l’esatto contrario anche a causa del supermercato stesso, assurdamente collocato al posto dell’ex distributore AGIP; 2) il collegamento diretto tra il casello A27 e la zona industriale tramite un nuovo asse viario che dalla attuale rotonda Bressana, scorrendo al fianco est della ferrovia doveva sbucare in Cal de Livera, da lì in zona industriale fino al raccordo con l’Alemagna. La prova che questa era una frottola per dare un minimo di senso al progetto è il fatto che di questo comodo collegamento Bressana-Zona industriale nessuno parla più, completamente sparito dai radar. Nel frattempo molti camion continuano ad usare la angusta e pericolosa via Sotto le Rive, che parrebbe neppure omologata per il traffico pesante. Peraltro la soluzione più logica per la zona industriale resta l’apertura del casello di Scomigo. Dunque eccoci servita un’altra ciambella riuscita senza il buco a meno che, come buco, non si consideri lo sperpero di denaro pubblico e di ambiente vergine.
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