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23 novembre 2024

Vittorio Veneto

“Fuori l’Italia dal Veneto”

Il Veneto (col Movimento per l’Indipendenza e altre organizzazioni) è in marcia

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

“Fuori l’Italia dal Veneto”

VITTORIO VENETO – L’assunto da cui partono è che il Veneto ha un’identità popolare. E una lingua (riconosciuta dall’Unesco), e una storia millenaria, e una Repubblica dall’eco planetaria, e una bandiera, che – dicono con fierezza – è la più bella del mondo.

Lo scopo che vogliono raggiungere è un Veneto indipendente. Un Veneto Stato che mandi l’Italia fuori. Dae bae, potremmo aggiungere interpretando in modo idiomatico le loro ragioni. Loro (poi spieghiamo chi) sono gli esponenti del Movimento per l’Indipendenza del Veneto. Sono cinque mila militanti, a livello nazionale, e 200 nell’area del Vittoriese e del Coneglianese.

Un referendum per l’autodeterminazione. “Da quando, nel settembre 2013, ci siamo costituiti come movimento – spiega il coordinatore Francesco Piaia – abbiamo raccolto l’adesione di 200 iscritti nell’area di Vittorio Veneto, degli otto comuni che vi gravitano intorno e di parte del Coneglianese. E miriamo a crescere, a farci conoscere. Perché abbiamo tanto da dire. A tutti, perché Indipendenza veneta è sì un movimento politico, ma non ha niente a che fare coi partiti. Il Veneto ha il requisito di essere un popolo riconosciuto (in Italia, solo la Sardegna ha il medesimo titolo); ha una storia che lo identifica da 1.100 anni; ha una vocazione autonoma: quando l’Italia è nata nel 1961 non comprendeva il Veneto. C’è voluto un referendum, indetto cinque anni più tardi, per farlo entrare nella penisola. Per le sue caratteristiche storiche e antropologiche il Veneto ha i requisiti richiesti dal diritto internazionale per autodeterminarsi e diventare indipendente com’era 150 anni fa. Che cosa bisogna fare per perché questo avvenga? Un referendum come quello del 1866, ma alla rovescia. Il referendum è già legge regionale (è stato approvato il 12 giugno 2014 dalla regione e pubblicato il 24 giugno sul Bur), ma deve essere concretizzato. Noi stiamo lavorando per questo”.

Francesco Piaia (e Marco Piccin, segretario; e Juri De Luca, responsabile della Sezione giovani; e gli altri che incontriamo in redazione) spiega che il Movimento per l’Indipendenza del Veneto di accoliti ne ha parecchi. Nonostante gli ostacoli “istituzionali”. “A mio avviso – evidenzia Piaia – il governatore Zaia dovrebbe impegnarsi di più in merito a una battaglia a cui ha dato la sua adesione più volte (Zaia – ndr - ha partecipato all’iniziativa pro-referendum avvenuta a Bassano del Grappa lo scorso anno, che ha coinvolto cinque mila persone). Eppure anche se il referendum, ha tutte le garanzie di legge necessarie, secondo i promotori fatica a decollare. Per attuarlo la regione ha fissato un tetto di spesa di 14 milioni di euro. “Sono tanti – spiega Piaia – perché – se ci fosse una reale volontà politica per attuare la consultazione popolare – il costo della consultazione non avrebbe dovuto superare i 4 milioni di euro. Eppure la cifra ciclopica non ferma il nostro intento. In Veneto ci sono quasi quattro milioni di votanti. Se ciascun elettore investisse 2.85 euro, il referendum si potrebbe fare già domani. Già domani si saprebbe se i veneti vogliono continuare a far parte dell’Italia. O no”.

 

Le ragioni. Le motivazioni che spingono al referendum – per gli esponenti della causa – sono tante: In un Veneto indipendente – sostengono – la politica la farebbe il popolo. I rappresentanti avrebbero la possibilità di avere solo un mandato elettorale, poi andrebbe a casa a lavorare come tutti gli altri. Il Veneto indipendente avrebbe bisogno di poche leggi e la giustizia funzionerebbe in modo rapido. Le pensioni sarebbero più alte e così gli stipendi (che sarebbero di 1500 euro al minimo), anche perché un Veneto pagherebbe al massimo il 30 per cento di tasse anziché gli attuali 68,7 per cento. Non ci sarebbe la tassa sulla prima casa. Poi il Veneto avrebbe, in Europa una tripla A, anziché la tripla B che ha ora l’Italia. Eccetera, eccetera. “Quando è finita la seconda guerra mondiale – aggiungono gli indipendentisti – gli stati nel mondo erano circa 70. Ora sono 200. Come sono nati? Esercitando il diritto di autodeterminazione”

I mezzi. Gli indipendentisti ci tengono a chiarire – tramite una sequela di norme nazionali e internazionali – che la possibilità di rendere il Veneto uno Stato è legale; che può avvenire nell’alveo di una sequela di leggi riconosciuta da trattati che non confliggono con la Costituzione.

Il problema. “Il problema, che non è neppure tale – spiega Piaia – è che per arrivare a una decisione che può cambiare la nostra storia, ma soprattutto la nostra vita e il nostro benessere, bisogna fare un referendum. Che è già legge regionale e che aspetta di essere attuato. Con 14 milioni di euro per il quale la Regione ha aperto un conto corrente a cui stanno già afferendo contributi (tanti dal Brasile) se ogni veneto versasse meno di tre euro il referendum si farebbe subito e deciderebbe il futuro. Vivremo strabene senza i 70 miliardi che regaliamo all’Italia; il nostro Pil salirebbe del 13 per cento; non dovremmo soggiacere alle norme di uno stato che ci depreda”.

Indipendenza e autonomia. Poiché (personalmente) abbiamo una gran confusione in testa sulla differenza tra autonomia e indipendenza del Veneto, sulla faccenda abbiamo voluto saperne di più. La risposta degli Indipendentisti è stata questa: “L’autonomia del Veneto è una questione sulla quale decide Roma. Che ha già detto no con la sentenza n. 496/2000 della Corte Costituzionale. Quella è una strada impercorribile. La via dell’indipendenza è invece aperta, è legittima sul fronte legale.”

 

Che ne pensa Zaia. Dato che il governatore del Veneto, Luca Zaia, dal coordinatore per l’indipendenza Piaia, viene indicato come un politico che non sta facendo il possibile per l’attuazione del referendum abbiamo voluto sentire la sua voce. Disponibile (come sempre), Zaia – di fronte alla nostra curiosità – si è rivelato un po’ il professore che durante un’interrogazione ci coglie in fallo: sì, diciamo che ci fa sentire (giustamente, per carità) impreparati. “Se avessi immaginato che mi avresti intervistato su questo tema – ci ha detto Zaia – non ti avrei risposto. Non voglio fare polemiche. Non voglio rispondere a personaggi che cercano lo scontro anziché il dibattito. Ti sei informata a dovere? Ci sono tantissimi movimenti indipendentisti in Veneto oggi. Quello che hai sentito, probabilmente vuole strumentalizzarti”.

Ma tu, Luca, cosa rispondi alle perplessità sulla tua azione politica?

Non rispondo. Non voglio polemizzare. Ho fatto in modo che la legge sul referendum venisse approvata, anche se nel giugno scorso le due leggi approvate dalle regione Veneto sono state impugnate da due costituzionalisti.

Ma tu, nonostante tutto, tu sei favorevole all’indipendenza, giusto?

Se tu fossi una giornalista preparata non mi faresti questa domanda. Insomma: cerca su Internet, ascolta le mie dichiarazioni su Youtube, chiedi ai tuoi colleghi più preparati.

Hai ragione: avrei dovuto informarmi. Ma poiché sei al telefono, approfitto per chiedere direttamente a te se sei favorevole o meno a questo referendum.

Ripeto: informati. Le dichiarazioni non ti mancano. Quello che dovresti aver chiaro è che questo è un referendum consultivo. E’ un atto che chiede ai veneti se siano favorevoli o contrari all’indipendenza. E’ una sorta di sondaggio che non ha altro valore. Quanto al costo che pare esorbitante, ribadisco che i 14 milioni per l’effettuazione della consultazione sono quelli stabiliti dalla legge regionale. Chi ha voluto il referendum era certo che la cifra sarebbe stata raggiunta in breve tempo invece, a oggi, la cifra acquisita nel conto corrente aperto dalla regione non supera i 40 mila euro.

 

Il parere di Luca Azzano Cantarutti (il legale che ha scritto il Referendum). “L’idea del referendum – spiega Luca Azzano Cantarutti, avvocato che ha redatto il documento referendario – risale a due anni fa. Prima di concretizzare il foglio referendario è stata costituita una commissione, a cui hanno partecipato giuristi di diverse università. La conclusione dello studio è stata questa: nessuna norma legislativa boccia un’ipotesi referendaria di questo tipo. Però la legge stabilisce che la copertura per realizzare la consultazione non deve pesare sul bilancio pubblico, ma solo su contributi volontari, anche se il referendum può avere l’approvazione della regione. Luca Zaia, come governatore, ha battuto il pugno sul tavolo perché il Veneto approvasse la consultazione; si è dato da fare per aprire un conto corrente regionale a favore del referendum sull’indipendenza. Il fatto è che i soldi che convergono nel conto corrente regionale, alle 5 della sera (per un decreto del governo Monti), vengono azzerati e finiscono nella Tesoreria Unica dello Stato. Il che non significa che i soldi per il Referendum non ci siano, ma che – in caso di calamità straordinaria – i soldi che il Veneto ha raccolto per il referendum potrebbero finire altrove.”

E allora? “Allora, proprio mentre discutiamo di questa faccenda – spiega Cantarutti – sta per nascere un Comitato Referendum per la raccolta fondi, che è privato, ma che si impegna a versare la somma raccolta nel conto corrente già predisposto dalla Regione.”

Il Referendum è costituzionale? Il Referendum è legge regionale, anche se Renzi l’ha impugnato. Si è rivolto alla Corte costituzionale che deciderà - ma dobbiamo aspettare la sentenza che arriverà la prossima estate – se ritenerlo legittimo.

E se il governo dovesse stabilire che il Referendum è incostituzionale, che succede? “Abbiamo una carta di riserva: ci rivolgeremo alla Corte internazionale di Giustizia, che un organismo dell’Onu. “ Per Cantarutti (parlamentare della Lega Nord nel ’94, quando aveva poco più di 20 anni), accettare la validità del referendum e del suo esito è insomma una scelta politica, che comunque non toglie esecutività alla legge. “Il Referendum – sostiene Cantarutti, che si batte per l’Indipendenza insieme a diversi movimenti che sostengono l’obiettivo – ci dirà se i veneti voglio essere uno stato. Poi vedremo se chi governerà la regione in quel momento avrà il coraggio di voltare le spalle a ciò che ha deciso il popolo”.

 


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Emanuela Da Ros

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