MILANO – Gaber cantava “Io non mi sento italiano, ma per fortuna – o purtroppo – lo sono”. Canterei la stessa strofa se non fossi così stonata. Perché dentro di me sento che “essere italiana” (per quanto mi piaccia, anche perché l’italiano è l’unica lingua che conosco), limita la mia coscienza di civiltà.

Il preambolo – poco giornalistico – per informare anche i lettori di OggiTreviso che la nostra vicina di casa-regione-Lombardia ieri ha detto no all’ipotesi di curare il morbillo a una bimbo figlio di immigrati irregolari. Al Pirellone Lega, Pdl e Lista Maroni hanno bocciato la mozione del coordinatore di centrosinistra Umberto Ambrosoli, che chiedeva, tra l’altro, l'assistenza sanitaria di base anche per i minori non regolari con "l'attribuzione del pediatra di libera scelta e l'erogazione di determinate prestazioni sanitarie per i figli di immigrati extracomunitari senza permesso di soggiorno".

La proposta di Ambrosoli non intendeva che garantire la salute ai bambini, venissero da Canicattì, da Ponzano, da Baghdad o da New York. Ambrosoli (candidato perdente del centrosinistra alla presidenza della Lombardia) voleva iscrivere al sistema sanitario regionale i minori stranieri anche non in possesso del regolare permesso di soggiorno, sottolineando che “Tale riconoscimento è già attivo in Friuli, Umbria, Toscana”. Ma i vertici del potere lombardo hanno detto no. Motivando la bocciatura col fatto che curare un bambino costa. Sul sistema sanitario nazionale e soprattutto regionale. Per cui, che la varicella (tanto per dirne una) infierisca pure sui piccoli figli di immigrati regolari: per loro la regione non intende spendere una lira.