“Tra dieci anni i nostri giovani svolgeranno delle professioni che adesso manco ci immaginiamo”
Il parere di Vincenzo Ciccarello
VENETO - “Tra dieci anni i nostri giovani svolgeranno delle professioni che adesso manco ci immaginiamo”. Vincenzo Ciccarello si è occupato, fino a quando è andato in pensione due mesi orsono, di formazione per conto di Confindustria Veneto Siav. Ha accettato di dirci qualcosa sulle prospettive e sui cambiamenti introdotti dalla innovazione digitale nel mondo e nei modi del lavoro.
Ma anche dalla pandemia. Perché il lockdown che, paradossalmente, bloccava tutti a casa, ha impresso una accelerazione ad esempio a quel lavoro agile in gran parte fino a sette mesi fa tanto pensato ma residualmente praticato.
Ed invece “le aziende hanno compreso che è caduta una barriera concettuale ed è stato smentito il pregiudizio che lavorando da casa la produzione ne risente perché diminuisce” – osserva Ciccarello. Gli studi dimostrano il contrario, sia per quanto riguarda la produttività del dipendente in lavoro agile, sia dal punto di vista del risparmio economico: “Una azienda evita di sborsare tra i 15 e i 17 mila euro per ciascun lavoratore collocato in smart working. Abbastanza prevedibile quindi che un numero importante di datori di lavoro ricorreranno adesso a questa modalità di impiego”.
Ma è prima di tutto ai giovani, ritornati l’altro ieri sui banchi di scuola, che l’ex responsabile formazione di Confindustria Veneto guarda: “Come faccio a formare un giovane se tra poco non esisteranno più le professioni che si esercitano oggi? Se i mondi della scuola e del lavoro non opereranno in maniera sinergica il nostro Paese arretrerà sempre di più. Già ora, riguardo la formazione continua, siamo quasi gli ultimi dei 28 Paesi dell’Unione europea. I cambiamenti sono così repentini che trovarci fuori da un sistema competitivo è questione di un attimo”.