Alberto Martini. Un artista europeo
Nuovo volume di studi svela le molteplici sfaccettature dell'artista opitergino a 70 anni dalla sua scomparsa
ODERZO - Sarà presentato a Oderzo, a Palazzo Foscolo, il prossimo 28 novembre alle 18.30, il prezioso volume di studi “Alberto Martini. Un artista europeo” a cura di Paola Bonifacio ed Alessandro Botta (Dario Cimorelli Editore) che la Fondazione Oderzo Cultura ha fortemente voluto come ulteriore momento di affondo e indagine sull’universo martiniano in occasione delle celebrazioni per i 70 anni della morte dell’artista opitergino.
Un’opera importante che raccoglie, nelle sezioni tematiche Geografie, Temi, Sconfinamenti, 15 saggi di alcuni tra i massimi studiosi di Martini, ma soprattutto dei differenti ambiti di interesse che il poliedrico, versatile, metamorfico artista ha intrecciato nella sua opera e nella sua vita: dalla letteratura e poesia in primis all’attenzione al sociale, dal teatro alla scenografia, alla musica e all’architettura, fino alle suggestioni psicanalitiche e alle mode del tempo.
Accanto dunque alle riflessioni suggerite dalla mostra celebrativa “Le Storie Straordinarie. Alberto Martini ed Edgar Allan Poe” - in corso nella sua città natale fino al 25 marzo 2025 - e dall’esposizione al Castello Sforzesco di Milano sul tema della Danza macabra, “il volume si offre – sottolineano i curatori - come uno strumento d’indagine teso a scardinare quelle preclusioni che hanno condizionato, talvolta, una lettura complessiva e articolata dell’artista e del suo lavoro”.
I tredici studiosi coinvolti - Paola Bonifacio, Alessandro Botta, Stefano Brenna, Carlotta Nobile, Vittorio Pajusco, Francesco Parisi, Nicola Pasqualicchio, Rodolphe Rapetti, Giandomenico Romanelli, Elisabetta Staudacher, Viviana Triscari, Letizia Ughetto Monfrin, Giorgio Villani - di differenti generazioni e con diversificate esperienze di ricerca, formazione e orientamento metodologico, a garanzia di una molteplicità di approcci, contribuiscono così a dilatare lo sguardo verso questa enigmatica, complessa, raffinata figura d’artista, “troppo spesso relegato entro l’immaginario di un maledettismo figurativo fin de siècle considerato unicamente come disegnatore tout court”.
Di Martini “diversamente avanguardista”, “artista cerebrale”, “raffinato entomologo” che definisce la sua vita “un sogno ad occhi aperti”, scopriremo prima tutte le Geografie intese come i luoghi del lavoro e delle contaminazioni: Pajusco ci riporta alle molteplici partecipazioni alle Biennali d’Arte di Venezia dalla sua prima apparizione nel 1897 all’ultima nel 1952; la Staudacher scrive del ruolo che ebbe la città di Milano nel corso della vita di Martini per vivacità, scambi intellettuali e sostenitori - da Vittorio Pica, alla Galleria Pesaro, da Emanuele di Castelbarco alla Bottega di Poesia -, mentre Botta e Parisi ci aprono alla dimensione europea dell’artista, analizzando le frequentazioni tra Parigi e Bruxelles prima del 1928 e indagando la sua presenza londinese in alcune significative esposizioni dei primi anni del secolo, con le prestigiose collaborazioni avviate a quel tempo.
La sezione Temi riunisce gli approfondimenti dedicati alle sue ricerche.
Il socialismo umanitario tardottocentesco e certe istanze politiche conseguenti, cui Martini appare sensibile, sono trattate dalla Ughetto Monfrin che si sofferma sulla produzione martiniana giovanile. Romanelli sottolinea i legami e le molteplici suggestioni con l’ambito europeo – dai ricordi di Goya a Klinger, Redon, Moreau, Kubin o addirittura Valotton - grazie alla capacità di Martini “tra i maghi sublimi e mimetici” di spaziare tra temi e tensioni, anche apparentemente contrastanti, del conscio e dell’inconscio.
Quindi: l’affondo della Bonifacio sulle donne protagoniste dell’opera di Martini, talvolta vittime della società, tal altra famme fatale consapevoli del proprio potere, e il rapporto singolare - inquadrato da Botta nel contesto di una crisi e arretratezza dell’editoria italiana sull’illustrazione d’autore - con il drammaturgo Enrico Annibale Butti per l’illustrazione de “Il castello del sogno” (1910).
Dello straordinario e utopistico progetto del Tetiteatro, inventato dall’artista nel 1923 nella sua aspirazione all’arte totale, scrivono Pasqualicchio e Rodophe Rapetti che individua un’ideale tangenza con Stéphane Mallarmé; mentre sarà Brenna nella sezione Sconfinamenti a mostrare l’enorme suggestione che il progetto martiniano seppe infondere anche in campo architettonico, grazie all’affinità intellettuale creatasi tra Martini e l’architetto milanese Luciano Baldessari che si richiamerà al Tetiteatro per la creazione del padiglione Breda del 1952.
La sezione conclusiva estende del resto lo sguardo sulle altre produzioni o gli altri mondi di Martini. Il rapporto viscerale dell’artista con la scrittura,soprattutto poetica ma anche autobiografica, viene riletto con nuovi spunti dalla Triscari che coglie “speculum pictoris” una continuità tra due campi d’indagine apparentemente distanti; mentre Villani nelle letture e nei tanti libri di cui Martini si nutriva, individua il germe ispirativo generale dell’artista e quelle relazioni elettive tra opere letterarie, musicali, teatrali e filosofiche che lo connota.
Di grande suggestione infine la presenza di un testo sul rapporto tra Martini, la musica e il valore simbolico attribuito al violino - strumento che torna ripetutamente nei suoi lavori - tratto dalla tesi di laurea di Carlotta Nobile, giovane e talentuosa violinista e storica dell’arte, scomparsa prematuramente a soli 24 anni.
Sarà la Bonifacio a concludere il volume ripercorrendo la fondamentale storia dell’archivio dell’artista, ora conservato presso la Fondazione Oderzo Cultura e in corso di digitalizzazione, determinante superfondo documentale acquisito dalla moglie di Martini Maria Petringa e via via arricchito.
Iscriviti alla Newsletter di OggiTreviso. E' Gratis
Ogni mattina le notizie dalla tua città, dalla regione, dall'Italia e dal mondo