ANCORA IN PIAZZA CONTRO LA GELMINI
I sindacati organizzano una manifestazione per il 6 marzo in piazza dei Signori per chiedere le dimissioni del ministro
| Laura Tuveri |
Treviso - I sindacati trevigiani continuano a protestare contro i tagli alla scuola. Per venerdì 6 marzo, dalla Flc Cgil, Cisl, Uil Scuola e Gilda organizzano una manifestazione pubblica, con partenza alle 16.30 dal piazzale della stazione per raggiungere piazza dei Signori dove interverranno i rispettivi segretari generali regionali.
Mentre il Governo e la Gelmini continuano con i loro provvedimenti a demolire la scuola rifiutando qualsiasi confronto con le diverse componenti del sistema formativo, lavoratori della scuola, genitori, enti locali, pedagogisti, siamo costretti a ritornare in piazza per riaffermare il no più deciso di tutte le organizzazioni sindacali trevigiane ad una politica scolastica arrogante che ci riporta indietro di trent’anni.
I dati che si profilano per il prossimo anno scolastico sono drammatici: aumentano gli alunni per classe e diminuiscono gli insegnanti con conseguente peggioramento della qualità dell’offerta formativa soprattutto nelle province, come quella di Treviso, che poteva contare su qualificate esperienze di integrazione di ragazzi portatori di handicap o in difficoltà di apprendimento e di ragazzi stranieri.
La parola d’ordine che percorrerà la manifestazione sarà quella della richiesta di dimissioni immediate del ministro Mariastella Gelmini che puntava, attraverso i suoi provvedimenti a diminuire il tempo scuola per questioni finanziarie e che è stata sconfessata dalla richiesta emersa dalle prime proiezioni sulle richieste di iscrizione alla scuola primaria.
Solo il 3% infatti ha chiesto le 24 ore e il 7% le 27; il 56% invece ha chiesto le 30 ore e il 34% le 40. Segno evidente che alle famiglie italiane il modello del maestro unico non piace come non piace la riduzione del tempo scuola.
Però i danni - dicono i sindacati - ormai la Gelmini li ha fatti, come non mancheranno consistenti licenziamenti, almeno 350.000 precari si troveranno a casa e senza alcun ammortizzatore sociale; di fronte ad un muro dove ci si arroga il diritto di decidere unilateralmente anche su questioni soggette a contrattazione, non rimane che scendere in piazza ancora una volta.