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25 novembre 2024

Treviso

Civati a Treviso: no a Calenda. Idea lista con Varoufakis per le Europee

«Fra più Europa e zero Europa c’è un’Europa da cambiare»

| Davide Bellacicco |

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| Davide Bellacicco |

pippo civati

TREVISO- «Rincorrere l’elettorato di destra attuando politiche di destra perché voti a sinistra non funziona: quei simpatizzanti voteranno sempre per la loro parte». Ad interpretare con questa chiave di lettura il tramonto della stagione di governo renziana, Pippo Civati, il politico e filosofo brianzolo, veronese d’adozione, ieri sera, a margine della presentazione del suo ultimo libro, “Voi sapete. L’indifferenza uccide”, in una nota libreria del centro storico.

 

Civati, fuoriuscito nel 2015 dal PD poiché in rotta con il nuovo corso renziano, all’indomani dell’esito delle ultime elezioni politiche che, complice il risultato al di sotto delle attese della lista Liberi e Uguali, ha consentito la riconferma di un solo deputato in quota al suo movimento (il ligure Luca Pastorino), ha rassegnato le dimissioni da segretario nazionale di Possibile, la formazione politica da lui fondata proprio a seguito della scissione con i dem (dopo il congresso celebrato a maggio, il partito è guidato da Beatrice Brignone).

 

Nell’incontro, ampio spazio è stato dedicato alla crisi migratoria ed alle politiche sinora adottate negli ultimi governi, questione al centro dell’opera dell’ex parlamentare, molto critico in particolare in relazione agli accordi con la Libia, al codice di autoregolamentazione delle ONG ed alla denunciata vendita di armi a Paesi mediorientali in conflitto da parte degli esecutivi a guida PD su cui l'esponente, secondo quanto dichiarato, avrebbe cercato invano di far luce.

 

 

Il tentativo di aprire uno spazio per una sinistra di governo ma alternativa al PD non ha trovato l’auspicato sostegno dei cittadini nella prova elettorale. Lei stesso è stato assai critico nei confronti della leadership e del progetto di LeU, sino a prenderne, con il suo movimento, le distanze. Esiste un cantiere di rifondazione della sinistra in vista dei prossimi appuntamenti o l’alternativa al PD è l’irrilevanza?

«Mi pare che il PD sia chiamato ad un ripensamento di alcune scelte degli ultimi anni. È un momento di grande vuoto ma che invita ad avere creatività, a proporre novità: per questo non mi piace ciò che sta facendo LeU. Un problema del Partito Democratico è il ricambio: sono tutti molto logorati se consideriamo che chi lancia proposte oggi è stato ministro fino a ieri. Provare a cambiare squadra e politiche potrebbe essere utile... Se si pensa di rispondere a Salvini con Minniti siamo fuori strada».

 

Ad una posizione critica, però, deve corrispondere una proposta e, a un anno dall’appuntamento delle Europee, con lo sbarramento al 4%, urgono delle convergenze. Chi sono i vostri interlocutori in Italia?

«Convergenze sicuramente e ne avvieremo, ma non nello schema burocratico di Liberi e Uguali. Uno dei grandi errori di quella lista è stata parlare pochissimo di Europa. Ho incontrato poco fa un esponente di +Europa: fra più Europa e zero Europa c’è un’Europa da cambiare».

 

E in ambito internazionale? Negli ultimi giorni si rincorrono voci su progetti per una lista comune nei Paesi membri…

«Le Elezioni Europee hanno una scala, una dimensione più grande di noi e lo stiamo vedendo anche in questi giorni con la riforma del Regolamento di Dublino sui migranti che, probabilmente, non potrà andare in porto. Il messaggio di Varoufakis (già Ministro delle finanze greco nel primo esecutivo Tsipras, ndr), ad esempio, è giusto, anche se la declinazione mi appare un po’ incerta finora, vittima di una certa prepotenza, del solito “faccio io”».

 

Tornando alla dimensione nazionale, si sta riflettendo sul tema di un fronte unito contro i populismi. Contribuirebbe alla causa in caso di PD a maggioranza non renziana?

«Ciò che chiedo è una disponibilità a mettersi in discussione perché se ci si dimette ma si gioca ancora la stessa partita come fa qualcuno le cose non cambiano; se ci sono dei non detti nei meccanismi gerarchici, le cose non funzionano. Nell’ottica di un fronte comune, il mio invito è ad essere tutti più morbidi: è chiaro, poi che se la linea sull’immigrazione dovesse essere quella di Minniti, io non ci starei».

 

Non escludendo a priori un’alleanza larga a sinistra, continua a riproporre il modello inclusivo ulivista, al quale è sempre stato particolarmente legato…

«L’anima ulivista è stata anche la prima ad essere stata tradita e non a caso sono uscito dal PD».

 

Quale profilo auspica per il nuovo segretario dei dem, perché possa essere possibile un ritorno? Calenda sta rilanciando l'idea di unire le forze ma, forse, seguendo un modello diverso... 

«Nel Partito Democratico non credo di voler tornare e non mi esprimo su un nome. Pensano di poter essere critici su cosa non è andato in questi anni o intendono continuare a sostenere che finché c’erano loro al governo andava tutto bene e adesso ci sono dei banditi? Calenda è la continuità più totale: è la forma evoluta del renzismo ma sempre in quello schema culturale e politico. Forse ci vuole qualcosa in più. Questo dibattito sul segretario ideale, fra Calenda, Zingaretti e altri condurrà ad un nome che abbia l’ambizione di essere rappresentativo del centro-sinistra, risultato a cui aspirava la mia candidatura alle primarie, o condurrà a identificare qualcuno che ne neghi di volta in volta una parte? Di solito si nega la sinistra, qui si va oltre negando entrambe le cose».

 


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