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15 maggio 2024

Valdobbiadene Pieve di Soligo

"Dopo Slow Food, Slow reading"

"Rallentare, per leggere". Parola di Villalta

| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

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| Pietro Panzarino - Vicedirettore |

PORDENONE - Ha curato i meridiani di Andrea Zanzotto, ha esordito come poeta, è uno scrittore, e dirige il festival culturale Pordedonelegge. Oltre a fare l'insegnante in un liceo scientifico. Gian Mario Villalta, originario di Pordenone e profondo conosciutore del territorio del Nord-est, ha da poco pubblicato il suo ultimo romazo: "Alla fine di un'infanzia felice". Un libro che incuriosisce, spiazza, crea esitazione e costringe il lettore a dare una valutazione. E a chiedersi: cos'è che conta realmente?

 

Intervista a Gian Mario Villalta

Ogni romanziere, quando si cimenta in tempi diversi nella narrazione, può avere un disegno generale, entro cui i singoli romanzi "alla fine", sono complementari a un affresco completo, quasi dei tasselli, dei sottosistemi. E' il caso di Villalta?

Ciascun romanzo è figlio di se stesso, nasce da un'idea autonoma, ma poi si ritrova imparentato agli altri dello stesso autore, perché nessuno autore può ignorare gli elementi decisivi della sua vita, che per me sono la campagna, l'infanzia, l'amicizia, i rapporti famigliari, il mutamento folle che ha subito tutto ciò nel giro di pochi decenni. Però, neanche noi siamo sempre gli stessi (è uno dei temi di questo nuovo romanzo) e quindi molte coordinate si trasformano: sono passati sette anni dal romanzo precedente!

 

Avendoli letti nel tempo, trovo presenti e costanti alcuni elementi, legati alla tua vita ossia il tuo territorio, dove sei nato e vivi, e le tue esperienze professionali, quella del docente e dell'editor, in qualche modo riconducibile a Pordenonelegge....

 

Sì, il lavoro di Pordenonelegge e il contatto con le case editrici sono stati istruttivi. Per capire certi meccanismi (che io non sia capace di seguirli, poi, è un altro discorso): l'editoria è un'industria, i libri si vendono rispetto a certi ingredienti, a certe aspettative mediatiche. Da questo punto di vista, Alla fine di un’infanzia felice inscena – nel personaggio di Guido – una consapevolezza ironica. L’ironia è rivolta soprattutto alla presunzione di sapere che cosa piace a chi legge, e il lettore viene chiamato a condividere o contrastare le opinioni di Guido. A me piacerebbe che scattasse una specie di gioco, in cui il lettore è chiamato a ragionare sulla narrazione che sta seguendo, ma allo stesso tempo comprende (e vive la scoperta) che le verità più profonde sono su un altro piano…

 

Con insistenza nell'ultimo romanzo affronti il tema dei profughi istriani, del loro "antifascismo" per il trattamento subito dai gerarchi... anzi nell'ultima parte fai riferimento alla paura del ritorno degli italiani nell'Istria, in qualche modo codificato dalle condizioni, che, nel romanzo sono ancora operative, che rendevano abbastanza difficile l'acquisto delle proprietà immobiliari da parte degli Italiani. Hai voluto radiografare questo punto di vista sul piano storico? Ti sei dovuto documentare? Chi sono altri narratori, che l'hanno affrontato?

Ho avuto anch'io esperienze, sul piano strettamente culturale, indicative: a Pordenone (abbastanza lontano dal confine) si sono potute promuovere iniziative di dialogo culturale impensabili qualche anno fa nei territori interessati. Ho maturato nel tempo una dedizione all'Istria slovena e croata: se, come dice il grande poeta francese Yves Bonnefoy, “i luoghi sono i nostri ultimi dei”, qualche mia divinità sta da quelle parti. Il primo avvicinamento, d’altronde, è stata proprio la poesia e letteratura, per esempio tramite il poeta rovignate Ligio Zanini. Naturalmente Tomizza, poi Scotti, poi altri autori istriani mi hanno guidato verso il tema che nel mio romanzo metto come sfondo; ma c’è stata anche una documentazione puntuale, sia attraverso gli storici, che attraverso le testimonianze della memoria. Ho cercato però di non appesantire la narrazione con molti elementi storici, ho curato i dettagli, dato importanza alle relazioni, e poi, interiormente, ho sondato l'atteggiamento di chi non vuol dimenticare e di chi vuole ricordare. Secondo me, questo è il grande tema del rapporto con la Slovena e Croazia, che adesso, pian piano sta cambiando, attraverso le nuove generazioni. La situazione generale è cambiata molto negli ultimi 4 - 5 anni. Non dimentichiamoci che là nel tempo si sono alternate situazioni di sopraffazione, a partire dal 1936 nei rapporti tra italiani, croati e sloveni. Allora è cominciata la violenza vera, acuitasi durante e dopo la guerra, con rivendicazioni reciproche. Lavorando con la Slovenia e, tra poco, anche con la Croazia, attraverso gli scambi culturali, speriamo di contribuire al cambiamento.

 

Il triangolo poi tocca anche gli americani e la base di Aviano... insomma quasi un terzo incomodo, nella struttura socio-economica del pordenonese e del Friuli.

A me affascinava quell'ambientazione, l’area oltre la Pontebbana, dove inizia la terra di sassi: c’era il campo di Aviano e c’erano i paesi, anche quelli di sassi, con le corti interne… e gli appezzamenti con le case coloniche nuove che attendevano i profughi... Per noi che vivevamo nella bassa, quel mondo era speciale, molto più misterioso e ti spingeva a pensare ad un'altra realtà, anche quella violenta della guerra.

 

Nel romanzo le due storie si intrecciano, ossia la Lucia del marito e quella dell'amante. I due piani, talvolta, rischiano di creare qualche esitazione, qualche incertezza nel lettore, magari a tornare indietro di qualche pagina per essere certo di aver colto l'essenziale....

Come è stato promosso lo slow food, sarebbe da promuovere lo slow reading. Quando sento dire che “si legge tutto d’un fiato” è il maggior pregio di un libro, mi viene da chiedermi se “bere tutto d’un fiato” sia il maggior piacere possibile legato a un bicchiere di vino. Il lettore – così vorrei che fosse – è preso in mezzo tra la spinta in avanti delle vicende narrate e il rallentamento richiesto da un corretto impiego della propria immaginazione: questo lo porta a provare un piccolo disagio, ma forse anche a gustarsi di più la lettura che viene compiendo.

 

Nel romanzo, si alternano momenti di grande tensione nel lettore, che vorrebbe arrivare a "concludere" alcune vicende, quasi delle parti rispetto al tutto, rispetto ad altre molto più tranquille, da leggere con calma.

Proprio così. E poi nella terza parte vorrei sorprendere il lettore, che ha preso il passo di questo doppio registro, tra lo svolgersi della storia narrata e la vita dell’editor, che legge la storia e fa i suoi ragionamenti. C'è qualcosa che sfugge al lettore nel finale, dove le relazione si sovrappongono e si confondono: così lo voglio coinvolgere nel gioco del giudizio. A un certo punto lo costringo a dare una valutazione. Cos'è l'amicizia? cos'è la verità? quali sono gli elementi importanti della realtà? Ebbene, io ho cercato di fare qualcosa di questo genere...

 

La tua vena poetica traspare nella descrizione dei taluni rapporti, di certi posti e luoghi, anche nella descrizione di qualche panorama....

C'è l'anatema, secondo cui se sei poeta, non devi fare il narratore. Ma, se l'essere poetico significa la ricerca di una certa intensità di relazione con quello che viene raccontato, allora sì, perché in molti casi, il paesaggio, il modo di abitare quel luogo, dove sei insediato, sono elementi che, secondo me, danno la qualità del modo di essere. Credo che ognuno, se è capace di elaborare un discorso, vive meglio, vive più vicino alle cose che fanno la sua vita.

 

Che tipo di reazioni, fino a questo momento?

La macchina delle interviste, delle recensioni e delle presentazioni si è appena messa in moto. Ho avuto nel frattempo riscontri privati molto interessanti. Il più gradito è stato quello di Ferdinando Camon, che mi scrive: “… ho riletto con piacere il libro perché la prima lettura è avvenuta sotto il sospetto che si trattasse di un libro dentro un altro libro, che è cosa che non mi piace. Invece leggendo ho fatto la scoperta incantevole che si tratta di una vita dentro un’altra vita, di come ogni vita sta dentro le altre vite…”. Mi sono commosso: è ciò che avevo voluto fare.

 



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Pietro Panzarino - Vicedirettore

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