Essere poveri non è una colpa!
EDITORIALE - A cosa serve il reddito di cittadinanza
EDITORIALE – “Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”: è quanto recita l’articolo 38 della Carta costituzionale del nostro paese. Aiutare quindi chi è indigente, chi si trova in difficoltà è un dovere per le istituzioni italiane.
Questo, semplicemente perché nessuno sceglie di esser povero e la condizione di povertà non può essere una colpa. D’altronde anche l’Unione Europea, di cui l’Italia è tra gli stati fondatori, ribadisce il medesmo concetto che viene espresso in maniera ancor più palese nel quattordicesimo dei 20 principi del Pilastro europeo dei diritti sociali: “Chiunque non disponga di risorse sufficienti ha diritto a un adeguato reddito minimo che garantisca una vita dignitosa in tutte le fasi della vita e l’accesso a beni e servizi”.
In parole povere si tratta di quello che in Italia, spesso con spregio, viene definito “reddito di cittadinanza”. In realtà questo tipo di sostegno alle famiglie indigenti esiste in tutti gli stati europei, dove da molto prima che in Italia, ci si è preoccupati a livello istituzionale di garantire dignità a tutti i cittadini. Va infatti rilevato che nell’ambito degli stati membri dell’Unione Europea, il nostro paese, insieme alla Grecia è stato tra gli ultimi a introdurre questo tipo di sostegno economico.
Non si tratta quindi di un privilegio o di un deterrente al lavoro che lascia i disoccupati in un limbo d’inattività. Infatti, quando si chiede il reddito di cittadinanza si stipula un’intesa con le istituzioni. “Per ricevere il Reddito di cittadinanza è necessario rispettare alcune “condizionalità” che riguardano l’immediata disponibilità al lavoro, l’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale che può prevedere attività di servizio alla comunità…” si legge nel sito del Governo che illustra come funziona questo tipo di beneficio sociale.
Quanto in vigore fin dal 2019 è quindi una misura che garantisce un reddito minimo di sussistenza, a fronte di una soglia di povertà che è stata definita in 780 euro mensili: chi percepisce meno vedrà integrato il suo reddito per la parte mancate che gli consente di raggiungere i 780 euro. Pare evidente che gli importi erogati sono quindi sostanzialmente contenuti e per i più ma, possono rappresentare un aiuto concreto per i beneficiari.
Secondo le tabelle statistiche dell’Osservatorio sul Reddito e Pensione di Cittadinanza INPS la cifra maggiormente percepita è tra i 400 e i 600 euro. Le famiglie che percepiscono questo beneficio sono 1.153.220 di queste oltre 200.000 hanno un disabile a carico. Campania, Sicilia e Lombardia sono le regioni in cui sono state formulate il maggior numero di richieste di Reddito e Pensione di Cittadinanza.
“Il Reddito di Cittadinanza (RdC) è una misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all'esclusione sociale; si tratta di un sostegno economico ad integrazione dei redditi familiari finalizzato al reinserimento lavorativo e sociale. La durata prevista è pari a 18 mesi, rinnovabili”: ribadisce il Report Inps di aprile 2022.
Ma quanto erogato dallo stato con il Reddito di Cittadinanza non è che una goccia nel mare viste le stime dell’ISTAT, secondo cui: “Nel 2021 le famiglie in povertà assoluta in Italia sono il 7,5% (7,7% nel 2020) per un numero di individui pari a circa 5,6 milioni (9,4%, come lo scorso anno)”. A riprova che spesso al bisogno corrisponde anche la vergogna, per la propria condizione e l’incapacità di chiedere l’aiuto che spetta.