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18 settembre 2024

Treviso

L’artista trevigiana Betty Vivian espone alla Biennale di Venezia

La sua opera “Anya Duna, maternità” presso il Padiglione Nazionale Grenada

| Tracy Ngumbao Jefwa |

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| Tracy Ngumbao Jefwa |

Betty Vivian

TREVISO - L’artista trevigiana Betty Vivian ha tenuto la sinossi della sua opera “Anya Duna, maternità” alla 59^ Biennale D’Arte di Venezia, nel Padiglione Nazionale Grenada (sestiere di Castello), lo scorso 27 agosto: un traguardo davvero degno di nota per la pittrice che vive e lavora a Treviso. Un profilo, un corpo, epifanica apparizione che traspare attraverso le velature di matrice veneziana: è questa la poetica sognante, a tratti di ascendenza preraffaellesca, dell’opera ispirata al "Bel Danubio blu" in occasione della Biennale di Budapest, parla di maternità, di sogni che hanno il sopravvento sulle paure e sulle incertezze della barca traballante della vita, che infine va avanti nonostante tutto, sulla lenta e profonda corrente del fiume blu.

”Siamo destinati ad attraversare il fiume, spesso impetuoso della vita, ma stretti in un abbraccio accogliente possiamo superare qualsiasi ostacolo e prova che la vita ci presenta”: così l’artista Betty Vivian descrive il significato della sua opera. La sinossi è stata curata dalla storica dell’arte Elena Sartori, con lo scopo di illustrare l’opera al pubblico internazionale in visita al Padiglione, in modo da offrire una visione d’insieme dell’opera stessa e dell’artista.

Nata a Treviso nel 1973, a 6 anni fa il suo primo concorso indetto dalla Provincia di Treviso e si dedica al disegno e al fumetto fino agli anni della maturità. Durante i primi anni dell’università scopre l’amore per la pittura ad olio e poi per la pittura ad acquarello anche sotto l’influenza dell’artista Giò Ferrante. Vivian ha vissuto alcuni anni in Brasile, dove ha iniziato ad esporre le sue opere. Tornata nella città natale, dove vive e lavora, ha al suo attivo numerose personali e collettive in ambito nazionale ed internazionale, premi prestigiosi e recensioni di critici del calibro di Vittorio Sgarbi e Daniele Radini Tedeschi.

«La trascrizione delle emozioni e dei sentimenti che l’artista prova nei luoghi ha qualcosa di familiare: nonostante la sua cifra sia originale – scrive di lei Vittorio Sgarbi – non è una paesaggista tradizionale, riesce a comunicarci qualcosa che è già dentro di noi. La maturità della sua ricerca è dunque una felicità espressiva immediata, in cui non è necessario premeditare l’immagine, ma questa nasce naturalmente come un’espansione, come un prolungamento del proprio corpo e delle proprie emozioni”.

La tecnica utilizzata è materica, le pennellate sono pastose e dense, successivamente il colore viene esteso e diluito diventando fluido, le forme si dissolvono per diventare un amalgama cromatico che sfiora l’astrattismo. La pennellata risulta così molto libera grazie al minimo riferimento a forme reali, sembra che l’autrice si lasci guidare dal puro piacere di spalmare colori sulla tela. L'artista si esprime soprattutto con la pittura ad olio e con l’acquerello, prediligendo soggetti formali e ambientazioni paesaggistiche a cui affida il compito di esprimere, attraverso ricorrenti simbolismi, il suo ricco vissuto di emozioni. Le sue opere sono rappresentate da colori vivi, trasparenti, quasi liquidi, e da caratteristiche colature che l’artista sfrutta e controlla con maestria.
 

 


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Tracy Ngumbao Jefwa

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