Le imprese trevigiane faticano a trovare oltre la metà dei lavoratori di cui hanno bisogno
Bernardi, presidente di Confartigianato: "Le strategie messe in campo dalle micro e piccole imprese testimoniano l’impegno a rendere appetibile il lavoro nell’artigianato"
| Isabella Loschi |
TREVISO - Le imprese della Marca hanno perso 269 milioni di euro in termini di minor valore aggiunto nel 2023 a causa della carenza di competenze coerenti con i fabbisogni d’impresa.
Numeri impietosi testimoniano le difficoltà delle imprese trevigiane a coprire i propri organici. Le posizioni difficili da reperire nella Marca sono ormai più della metà, il 51,6% rispetto alla media veneta del 49,8%. Una situazione non compensata dai lavoratori stranieri, visto che Treviso è l’ultima provincia veneta per dinamica degli stranieri. A luglio 2024 nella Marca Trevigiana, su 6.300 entrate previste di nuovi lavoratori, 3.446 hanno profili professionali difficili da reperire, pari al 54,7%.
Il tema sarà al centro del convegno “Alla ricerca del lavoro perduto – L'occupazione tra nuovi stili di vita e immigrazione”, quarta tappa del progetto “Imprese Futuro” di Confartigianato Imprese Marca Trevigiana. L’appuntamento è giovedì 26 settembre a partire dalle 18.30 nell’Aula civica del Museo della Battaglia a Vittorio Veneto. “Gli artigiani vivono ogni giorno sulla loro pelle i cambiamenti in atto nel lavoro - spiega il presidente Oscar Bernardi - vuoi per le trasformazioni che stanno subendo le professioni, e quindi anche la scuola e la formazione, vuoi perché l’idea stessa di “lavoro” sta evolvendo a una velocità sorprendente, soprattutto dopo la pandemia”.
A scavare nelle trasformazioni del lavoro sono stati chiamati Maurizio Sacconi, già ministro della Salute, del Lavoro e del Welfare, Tiziano Barone, direttore di Veneto Lavoro, e il professor Alfonso Fuggetta, ordinario di informatica al Politecnico di Milano e amministratore delegato Cefriel. "Mentre la politica latita gli artigiani si rimboccano le maniche - sottolinea Bernardi - Le strategie messe in campo dalle micro e piccole imprese testimoniano l’impegno a rendere appetibile il lavoro nell’artigianato. A partire retribuzione più alta rispetto a quella nazionale, grazie a una lungimirante politica contrattuale regionale, per passare a nuove forme di organizzazione del lavoro capaci di rispondere alle esigenze di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Senza dimenticare il sistema di welfare contrattuale incardinato sulla bilateralità, a cui si aggiungono sempre più frequentemente anche piani di welfare aziendale”.
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