Treviso - A 614 imprese medie e piccole, che si occupano di turismo servizi e commercio nella provincia di Treviso, è stato chiesto come se la sono cavata , e soprattutto come sono uscite dal lockdown. E la foto restituita descrive un terziario che ha saputo reagire al meglio e che è tornato a reimmettersi sui binari della normalità.

L’inchiesta, realizzata tra luglio e agosto dal Centro Studi sul terziario trevigiano sostenuto da EBicom ed Unascom Confcommercio, ha rivelato cinque punti critici per le imprese con fatturati da un minimo di 50 mila euro ad oltre 2 milioni: il pagamento dei fornitori, i rapporti con la clientela, il pagamento affitti e quello dei finanziamenti attivi, il mantenimento del personal. Il momento più critico, quello del lockdown, è stato affrontato grazie al bonus dei 600 euro per gli autonomi, alla cassa integrazione e ai finanziamenti statali.

Ma la novità promettente risiede nelle strategie di cambiamento decise dal 70% delle imprese, a cominciare dal diffuso ricorso allo smart working. Anche se non va dimenticato il risvolto della medaglia – come raccomanda il presidente di Unascom- Confcommercio, Federico Capraro: “Lo smart working porta con sé il cambiamento di un indotto: minor uso dell’auto, dei bar, insomma una diminuzione dei contatti sociali”. C’è insomma chi guarda al bicchiere mezzo pieno e chi invece a quello mezzo vuoto: pessimismo si respira nei paraggi della ristorazione della moda; il contrario per terziario avanzato e alimentaristi. “Il post lockdown” – dichiara Massimo Marchetti, presidente di EBiCom – “apre a nuovi scenari ed a nuove formule lavorative. Ora di questo bisogna far tesoro”.