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21 dicembre 2024

Treviso

La mia strada? Porta alla terra

Cavin de Confin, a Breda di Piave, è un’azienda agricola biologica “aperta” agli investitori

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

BREDA DI PIAVE – Mai sentito parlare del progetto Cavin de Confin? Niente paura: questa è un’ottima occasione per appuntarsi all’occhiello della curiosità (o della condivisione) un’idea splendida. Un’idea concretizzata (e ancora concretizzabile).

Cavin de Confin. A Breda di Piave, nella campagna trevigiana, sta succedendo qualcosa di mitico. Un gruppo di “gasisti” (cioè di quelle persone che cercano di procurarsi, insieme, prodotti biologici nel rispetto della terra e del lavoro umano), da qualche mese hanno dato vita a un gruppo di acquisto 2.0. Che è successo? Che il gruppo ha individuato, a Breda di Piave, un’azienda agricola biologica da adottare. Una stalla con sette vacche, un pollaio, qualche maiale, un caseificio, poco più di due ettari di campi da coltivare e un agriturismo (si chiama “Uganda”) a conduzione familiare cercavano casa, anzi: sostegno. Il titolare, Evano Zaccaron, 62 anni, fin da bambino aveva portato avanti la sua impresa, fatta di terra, di latte, di prodotti freschi. Ma a un certo punto aveva dichiarato che da solo (la moglie lo aiuta per quanto può, mentre i figli hanno intrapreso altre strade) non ce la faceva più. E si è aperto ai gasisti. Che hanno pensato di trasformare un problema individuale in un’opportunità collettiva.

 

Il progetto. “L’intento maturato – spiega uno dei coordinatori del progetto – è costruire una cooperativa che gestisca e valorizzi la fattoria. Qualche mese fa abbiamo aperto una sottoscrizione per acquisire Cavin de Confin, cioè la stalla, i terreni, l’agriturismo e il frutteto (su cui vogliamo impiantare molti tipi diversi di alberi da frutta) e per farlo cerchiamo soci disposti ad acquisire una quota dell’azienda che avrà il sapore della collettività, della condivisione, della produzione consapevole ed etica.”

 

 

La testimonianza di Elena (una socia). “Ho scoperto la realtà di Cavin de Confin nel giugno del 2014 – spiega Elena Vouticnitch - girando tra le bancarelle del mercato equosolidale della Fiera 4 Passi di Treviso. Io e mio marito Massimo (Palumbo, ndr), avevamo avuto fino ad allora un’attenzione particolare verso il biologico, ma non avremmo mai pensato di coltivare un pezzo di terra. Nostro! Figurati che io sono una di quelle a cui muoiono i gerani sul balcone… Eppure il progetto Cavin de Confin ci ha elettrizzato. Abbiamo pensato quanto potesse essere bello avere un pezzo di terra, da curare, osservare, coltivare con altre persone. I soci che finora hanno aderito al progetto come noi hanno tra i 40 e i 55 anni. Forse è l’età giusta per scoprire il valore di qualcosa di magico. Che non ha che vedere col denaro o con l’oro, ma con la terra! In un mondo in cui tutto è sempre più provvisorio è una rassicurazione sapere che un pezzo di terra, che dà frutta, ortaggi, mangime per qualche animale sarà lì per te. E’ un po’ come dire…tutto passa, ma qualcosa può restare. Un albero di ciliegie, con cui puoi fare una marmellata che illumini i giorni bui. O semplicemente una stalla, che profumi di latte e ricotta…”

Elena spiega che nella proprietà Cavin de Confin animali e prodotti dell’orto seguono i ritmi naturali. Non ci sono costrizioni. Sono le stagioni a guidare le semine e le raccolte. La scelta biologica è scelta condivisa.

 

Il sito internet. Il progetto ha già un sito internet (www.cavindeconfin.it) e ha già ottenuto riscontri oltre Marca. L’Huffington post ha dedicato all’iniziativa un approfondimento, ma la cooperativa ha ancora le porte aperte. Chi volesse aderire al progetto (su youtube è possibile visualizzarne l’ispirazione) può farlo diventando socio della cooperativa. Che intende tornare alla terra, al naturale e condividere quanto di bello, vero, autentico e sincero offre la natura guidata dall’uomo.

“Poi ognuno può liberamente fare la sua parte – spiega Elena – mettendoci quello che sente o che desidera. Perché solo la passione e la sincerità possono guidare le belle intenzioni”.

 


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Emanuela Da Ros

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