DISOCCUPAZIONE: NEL 2010 AL 7%
Mai un anno così nero da molto tempo. La Cgil chiede misure serie contro la crisi. E domani scende in piazza con Epifani
| Laura Tuveri |
Treviso - I primi nove mesi del 2009 sono stati neri sul fronte dell’occupazione e i prossimi si prospettano peggiori. Il rapporto Congiunturale dell’Ufficio Studi della di Cigl parla di una disoccupazione al 7% entro la metà del 2010.
Nei primi nove mesi del 2009 ci sono stati più licenziamenti rispetto a tutto il 2008, con netta prevalenza di uscite dalle piccole imprese. E si è registrato un boom di cassa integrazioni e fallimenti, oltre al blocco delle assunzioni. Il segretario generale della Cgil, Paolino Babiero sostiene che: “dobbiamo affrontare la peggiore e più preoccupante situazione da dieci anni a questa parte.
Mai così male, dal 2000, sia gli indicatori sulla produzione che quelli relativi al mercato del lavoro e allo stato di salute delle imprese. La ripresa non si vede, di sicuro i modesti rimbalzi dell’estate non hanno minimamente influito sulla capacità di tenuta della coesione sociale.” E anche per questo domani la Cgil veneta scenderà in piazza, a Treviso, alla presenza del segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani. “Per quanto riguarda l’occupazione - ha detto Barbiero - il 2010 sarà molto più duro del 2009. La previsione è che almeno altri 20 mila lavoratori si ritrovino privi di fonti di reddito certo da qui alla prossima estate, molti senza adeguate coperture sociali.
Per questo non basta l’utilizzo che si fa oggi degli ammortizzatori sociali a disposizione, che peraltro stanno mostrando tutti i loro limiti rispetto ad una crisi lunga e strutturale. L’errore che si sta commettendo, infatti, è quello di pensare che gli effetti della recessione dureranno ancora per poco tempo e che quindi bastino cassa integrazione e mobilità per ammortizzare il danno, in attesa della ripresa e quindi della ripartenza dell’occupazione”.
“Il punto vero – ha concluso il segretario generale della Cgil provinciale – è che senza politiche anticicliche strutturali si rischia di non avere neppure la forza di cogliere timidi segnali di ripresa, quando e se ci saranno. E per fare questo si deve essere consapevoli che servono anche investimenti pubblici sul territorio.
I LICENZIAMENTI NEL 2009 – Dal 1 gennaio al 31 ottobre 5.998 trevigiani hanno perso il lavoro contro i 3.741 licenziati dell’intero 2008. Si tratta di un aumento estremamente preoccupante, segnale di una dinamica avviata e dagli esiti incerti, in cui a pagare il prezzo più alto sono i lavoratori delle piccole imprese, cioè quelli sprovvisti di veri ammortizzatori sociali, ovvero 4.201 (2.258 in tutto il 2008) licenziati costretti ad affidarsi alla sola indennità di disoccupazione, mentre gli espulsi dalle aziende medio-grandi sono stati 1.797 (erano 1.456 nel 2008).
CROLLO DELLE ASSUNZIONI – In discesa libera, dal 2008 a oggi, le assunzioni con contratti di lavoro a tempo indeterminato. Il calo è di oltre il 10%, confermando così il trend già registrato nel 2008. Ma il timore è un ulteriore peggioramento del dato entro la fine dell’anno. A pagare di più in caso di crisi sono le donne: l’occupazione femminile presenta un saldo di -40%; critica anche la situazione dell’occupazione straniera, i cui flussi entrata-uscita segnano un - 30%. In crescita i contratti atipici. Solo 1 posto su quattro ha previsto, tra gennaio e settembre, un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Nel 44% dei casi si è invece trattato di contratti a termine, mentre circa il 25% (nel 2008 era il 21%, nel 2007 il 17%) ha riguardato assunzioni con contratto di somministrazione.
PRECARI I PIU’ A RISCHIO – I più esposti al rischio di licenziamento sono i precari: ogni 100 licenziati tra gennaio e settembre, 68 sono infatti occupati con contratti a tempo determinato non rinnovato; il 15,9% è rappresentato dai lavoratori in somministrazione mentre il 23,39% riguarda lavoratori con contratti a tempo indeterminato. Complessivamente, il saldo negativo delle dinamiche occupazionali ha fatto registrare, nel confronto fra 2008 e 2009 (ultimo dato utile è la rilevazione di giungo) un -20,35%, per un totale di 23 mila unità in meno, il dato peggiore fra quelli relativi alle province del Veneto.
FALLIMENTI – Crescono le aziende che dichiarano fallimento: 180 nei primi nove mesi del 2009. Erano 114 nello stesso periodo del 2008, 66 a settembre del 2007. Il numero più alto si registra nel manifatturiero, con 72, ma l’aumento maggiore si registra nell’edilizia: da 11 nei primi 9 mesi del 2007 ai 48 dello stesso periodo di quest’anno, passando per 33 dichiarati a tutto il settembre 2008. E dopo manifattura e costruzioni, tra i settori più colpiti dai fallimenti troviamo commercio e riparazioni (24 fallimenti) e i servizi (14).
LE PROSPETTIVE – Vi è forte preoccupazione per il 2010 per alcune situazioni di criticità. La prima riguarda gli oltre 4 mila lavoratori dell’artigianato in cassa integrazione in deroga, per i quali gli ammortizzatori sociali finiranno con la conclusione dell’anno in corso. Per questi occupati alla conclusione della cassa in deroga, si prevedono 3 mesi di sostegno con l’integrazione del sussidio Ebav a quello della disoccupazione ordinaria (ed altri eventuali sei mesi di cig in deroga, qualora il Ministro del Welfare riesca a ottenere dal ministero dell’Economia risorse per i relativi finanziamenti) per un totale di 800 euro mensili.
La seconda criticità è relativa ai 6 mila lavoratori delle 50 aziende che hanno in corso una procedura di cassa integrazione straordinaria, per effetto di ristrutturazioni, riorganizzazioni o procedure concorsuali. Il rapporto li definisce “lavoratori oggettivamente privi di prospettive occupazionali a breve termine” proprio in ragione delle cause che hanno portato alla cassa integrazione straordinaria e quindi quasi inesorabilmente destinati alla perdita del posto di lavoro. Terza criticità, infine, la conferma della crescita del ricorso alla cassa integrazione ordinaria. Le procedure sono spalmate su tutti i settori, ma a preoccupare particolarmente è l’edilizia, che rischia, secondo l’Ufficio Studi della Cgil provinciale, di far registrare la peggiore flessione occupazionale e il maggiore tasso di mortalità delle imprese rispetto all’intero tessuto produttivo.