“Un bonifico di 13,01 euro per la cassa integrazione”: racconta Daniele del Wood 55
I locali stanno vivendo difficoltà inimmaginabili e l’imprenditore Daniele Spolaor ci racconta la sua storia
TREVISO - Daniele Spolaor è un imprenditore della ristorazione. Titolare del “Wood 55”, un ristorapub che gestisce a Casale sul Sile insieme alla moglie: sessantacinque posti, ridotti a trentacinque per i protocolli anti Covid; aperto cinque sere su sette fino a mezzanotte e cucina chiusa alle 22.30. Nell’ “era” precedente, le porte del locale restavano aperte sei giorni, fino alle due del mattino, con cinque dipendenti.
Adesso due di loro si sono dimessi, uno è stato sostituito con un contratto a chiamata e un paio a venticinque ore al mese. L’ultimo, in cassa integrazione: “Mi ha inviato ieri mattina, su WhatsApp, la foto del bonifico accreditato per luglio e agosto dall’Inps per la cassa integrazione: 13,01 euro!” E’ il settore – quello dei ristoranti, delle paninoteche, dei bar - che più ha accusato il colpo durante il lockdown. E che ancora non è riuscito a rimettersi in piedi. “L’indotto non sarà più lo stesso perché c’è stato un vero e proprio cambio di mentalità: calati significativamente gli avventori nei locali, che sostano meno al tavolo; e se nel week end riuscivamo a rifarci di una settimana magra per chiudere dignitosamente il mese, ora non è più vero nemmeno questo perché non sai mai se quando e come lavorerai”.
Si vive giorno per giorno, prendendo quello che viene, asporto e delivery principalmente: “Il consumo tradizionale al tavolo è diminuito del settanta per cento; si entra a consumare o a farsi preparare un panino da portare a casa e non si acquista nient’altro”. Però le spese vive, quelle continuano a correre per noi, dal costo del personale alle bollette all’affitto. Non passa neanche per la mente di investire sulla propria azienda.
Si attendono le nuove ordinanze e i Dpcm: “Avessero detto, come a febbraio: chiudi! avremmo potuto beneficiare magari di qualche agevolazione fiscale. Invece dobbiamo imbandire tavoli di sei persone al massimo, abbassare le soglia dei clienti da poter servire e continuare a ricevere disdette”.
E si incupisce ulteriormente la prospettiva lavorativa con le ulteriori restrizioni alle viste continuando il virus questa corsa all’impazzata. Si prova più paura ora di allora, con il lockdown di marzo e aprile. “Sentiamo forte la pressione psicologica: non si va per locali, si ha il timore di infettarsi; dall’altro lato registriamo improvvisazione e imprevedibilità in chi ci governa. Ma io non rinuncio al mio sogno, al mio lavoro, al mio locale per l’incapacità altrui”. In bocca al lupo Daniele.