Indipedentisti, tanto rumore per nulla (di valido)
Il valore del referendum è zero. Parola di avvocato
| Andrea De Polo |
BASSANO DEL GRAPPA - Balzato agli onori delle cronache come difensore dell’Osteria senza Oste, il giovane avvocato bassanese Roberto Dissegna (in foto) non può certo essere tacciato di anti-indipendentismo. Ed è lui a spiegarci che, giuridicamente, il valore del referendum per l’indipendenza è zero. La cosa più giusta, in fondo, l’ha detta proprio Luca Zaia: «È un sondaggio». Dissegna è chiaro: «Giuridicamente il referendum non è destinato ad avere conseguenze sullo status della Regione Veneto.»
E se arrivassimo a un referendum “vero e proprio”, tradizionale, su carta?
È pur vero che l’ordinamento prevede i referendum consultivi, che però sono destinati a sfociare in proposte non vincolanti. In ogni caso, questo referendum è stato indetto senza i requisiti legali per essere considerato consultivo. Il progetto di legge regionale n. 342/2013 che prevede esplicitamente il referendum per l’indipendenza non basta a legittimare giuridicamente quanto è accaduto nei giorni scorsi.
Cosa sarebbe servito, in più? Innanzitutto, a tale deliberazione non è seguita la procedura necessaria prevista (raccolta firme, sottoscrizione, ecc.) per riconoscere legittimità istituzionale al comitato promotore.
E poi?
In secondo luogo, è evidente che l’obiettivo della consultazione è contrario all’art. 117 della Costituzione in base alla quale “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni” nel rispetto “dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali” e allo stesso art. 5 in base alla quale la Repubblica è indivisibile.
I promotori del referendum sostengono che quello Veneto sia un popolo degno di un proprio Stato.
Nemmeno appellarsi al principio di autodeterminazione dei popoli pare utile considerato che secondo gli accordi di Helsinki l’integrità territoriale e l’inviolabilità delle frontiere prevalgono sull’autodeterminazione qualora non vi siano casi di dominazione coloniale, segregazione razziale e occupazione straniera.
Quindi cos’è cambiato, dopo la “dichiarazione di indipendenza”?
Sotto l’aspetto del diritto positivo dunque si può affermare che il referendum non ha cambiato l’assetto istituzionale della Regione, né il popolo veneto potrà ritenersi più libero di quanto non lo fosse prima.
Resta il valore politico dell’iniziativa.
Certo, la grande partecipazione che è seguita, ancorché non riconoscibile a livello legale/istituzionale, merita valutazione politica e quindi anche giuridica. Senza volere addentrarsi in complessi ragionamenti di filosofia del diritto, si può affermare che le istanze rappresentate dall’enorme numero di votanti dovranno inevitabilmente avere risposte giuridiche poiché il diritto non è altro che uno strumento in mano al legislatore per andare incontro a richieste collettive (quale che sia la forma in cui sono state espresse).