Non hanno il titolo la metà degli insegnanti di sostegno in provincia di Treviso
Del tutto insufficienti i posti stabiliti dal ministero per la necessaria specializzazione. Pochi gli atenei che se occupano. Ogni anno salta la continuità didattica per studenti diversamente abili.
TREVISO - Sono 180.000 i docenti di sostegno al lavoro nella scuola italiana. Di questi il 37% è sprovvisto del titolo di specializzazione. Non certo per loro volere. Il ministero dell’istruzione da un lato - che fissa numeri di accesso alla specializzazione di molto al di sotto del fabbisogno - e gli atenei che hanno il permesso di organizzare i corsi sono troppo pochi. Una situazione che definire contraddittoria è eufemistico. La necessità di personale docente per rispondere a bisogni speciali è sotto gli occhi di tutti, e non certo da adesso: scuola inclusiva, che non lascia indietro nessuno, alla “avanguardia” pedagogica. Ma a scartamento ridotto in termini di organici da destinare al sostegno. Eppure si continua a giudicare la scuola italiana - paragonata a quella degli altri Paesi - con un corpo docente in esubero. Scordando però la statistica viene alterata inserendo nel computo appunto i docenti di sostegno che si occupano in media di un alunno soltanto.
“La mancata considerazione del fattore docente di sostegno ha comportato, unitamente al taglio del personale dovuto alla legge 133/2008, uno squilibrio nella composizione degli organici e la conseguente creazione delle famigerate classi pollaio” - lamenta il segretario provinciale dello Snals di Treviso, Salvatore Auci. “Senza considerare il fatto nella formazione delle classi in cui è inserito un alunno disabile non viene rispettato il tetto massimo che, di norma, deve essere di 20 alunni, particolare questo che causa gravi problemi operativi al personale docente”. Insomma, a quarantatre anni dall’entrata in vigore sella legge sul sostegno per gli alunni diversamente abili (la 517/1977), è un’altra delle anomalie italiane quella di ritrovarsi ad avere, nel 2021, oltre 66.000 docenti non specializzati in servizio nelle scuole di ogni ordine e grado.
Se poi si vuole dare uno sguardo alla situazione nella Marca c’è da stare meno allegri ancora: da stime calcolate all’inizio dell’anno, il personale docente non specializzato che opera nelle scuole di Treviso è circa il 50%. “E’ grave” – conclude Auci – “che il legislatore non sia stato in grado in tutti questi anni di programmare una formazione adeguata per il personale da assumere annualmente, anche in presenza di molti docenti che aspirano a specializzarsi per svolgere questo importante servizio alla collettività”. E proprio a una aspirante insegnante di sostegno ci siamo rivolti per farci raccontare la sua esperienza quale è stata.
Maria Assunta Breda insegna nelle scuole della provincia di Treviso, senza poter avere per sé – ma soprattutto per i bambini e i ragazzi che segue – quella continuità che nel caso del sostegno è ancora più importante, per non dire determinante. Qualche anno fa ha superato la selezione (non propriamente una passeggiata) per l’accesso al corso universitario di specializzazione. “Idonea non vincitrice”: questo il suo status attuale. In altre parole - se ci fosse il posto - potrebbe conseguire il titolo. “Ci vogliono – e giustamente – specializzati ma i posti messi a bando dal ministero sono pochi. Chi riesce ad aggiudicarsi il posto deve frequentare un percorso di otto mesi (che fino a prima della pandemia durava due anni) al costo di tremila euro. Ma non sono questi i problemi. Basterebbe entrarci, perché senza abilitazione il ruolo, la sede di assegnazione e la continuità didattica te li scordi”. E a ragione i genitori degli studenti diversamente abili non capiscono perché il turn over di questi docenti che si dedicano per un anno interamente ai loro figli, l’anno dopo spariscono. “Da novembre attendiamo che il Governo emani il nuovo bando per la specializzazione. Al momento sono ancora in corso di svolgimento i corsi 2019-2020. Speriamo nel nuovo ministro, soprattutto che consenta a più università di erogare questa formazione così delicata e qualificata, aumentando il numero di posti a disposizione”.