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14 ottobre 2024

Treviso

I parlamentari e la pensione ottenuta per un pelo. Anzi: per un giorno

Perché gli onorevoli ora possono andare tranquilli alle elezioni e prima no. Con 4 anni, sei mesi un giorno se la sono guadagnata

| Emanuela Da Ros |

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| Emanuela Da Ros |

Montecitorio

ITALIA - Avviso subito che questo è un articolo di parte. La mia. Ma anche di tutti gli uomini (e donne, sia mai) di buona volontà (anche se non so dove si sia cacciata la buona).
Avviso che sto scrivendo col dito (e il naso) nervoso. Per cui eventuali refusi, cedimenti o scoglionamenti lessicali non sono del tutto imputabili a me.
Il tema è la pensione dei parlamentari dimissionandi. La loro buona notizia è che essendo stati seduti - spero comodamente - nella Camera o nel Senato per 4 anni, 6 mesi e 1 giorno hanno maturato il diritto alla pensione.

Con la data delle nuove elezioni fissata al 25 settembre infatti, il loro mandato, per quanto anticipato, scade (guarda caso o forse no) dopo 4 anni, 6 mesi e 1 giorno dall’inizio della legislatura.
Se la crisi fosse avvenuta prima, 427 deputati - il 68 per cento - e 234 senatori - il 73 per cento - non si sarebbero visti riconosciuti i 50mila euro di contributi validi per la pensione (percepibile a 60 anni) senza il vincolo di contribuzione ventennale che hanno tutti gli altri cittadini, dal muratore, alla casalinga, all’insegnante, all’imprenditore, al vigile del fuoco.
La fine “calcolata” della legislatura garantisce quindi il diritto alla pensione a 661 neoparlamentari, novizi delle camere appartenenti per lo più a Lega, Coraggio Italia, Fratelli d’Italia.

Lo sentite il sospirone di sollievo? No, non è quello dell’aria condizionata. Anche se viene dalle camere (non le vostre, fidatevi). Con la prossima legislatura, quando al Parlamento anziché gli attuali 945 membri, ne siederanno 600 c’è da scommettere - anzi, basta far do calcoi - che molti degli attuali parlamentari non verranno riconfermati, ma tanto la loro pensioncina è salva.
La mia no. E da qui potete far a meno di leggere. Perché le righe che seguono sono poco parlamentari e molto personali.

Perché chi scrive ha quasi 63 anni, è un soggetto pandemicamente fragile e quindi adatto a una quarta dose, ha iniziato a supplenzare nella scuola pubblica 42 anni fa (non 4 anni, sei mesi e 1 giorno), ha fatto la sua bellabrutta gavetta, ha avuto due maternità all’epoca parzialmente riconosciute, ma ignorate dall’Inps, che attualmente ignora anche diversi annimesi di servizi prestati - dove sono finiti? A volte mi viene il dubbio di aver lavorato in nero nella scuola pubblica - che non consentono di andare in pensione né con quota 100, né con quota 102, né con opzione donna, né con opzione lavuoifiniredilamentartiseifortunataadavereunlavorochepoinonèneancheunlavoroèunamissione.

Vi avevo avvisato: il nervoso batte sui tasti. Anche quando c’è di mezzo una buona notizia.
 

 


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Emanuela Da Ros

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