Presidi e inizio lezioni alle 9: “Decreto poco chiaro e nemmeno definitivo”
Stabilire cosa fare è paragonabile quasi alla risoluzione di un rebus, per i dirigente scolastici
TREVISO - Telefoni delle Presidenze bollenti stamattina. Cellulari dei dirigenti scolastici sempre occupati. Sulla linea correva lo stesso dilemma: “Come tradurre il Dpcm alle superiori?”
Mario Dalle Carbonare, preside del liceo scientifico “Da Vinci”: “Il testo non è né chiaro né definitivo. Poi c’è quel riferimento alle Regioni, alle autorità sanitarie e agli enti locali che preventivamente devono comunicare a Roma…”. Chi decide insomma? Perplessa la preside del liceo artistico, Sandra Messina: “Rimettere mano all’orario, a un mese dall’inizio della scuola, sarà veramente difficile. Abbiamo lavorato tutta l’estate per garantire la didattica in presenza delle classi prime terze e quinte e di tutti i laboratori; per le seconde e le quarte abbiamo già attivato una turnazione”. Ma la domanda vera è piuttosto un’altra: “Siamo convinti davvero che arrivare a scuola dopo le nove sia la panacea di tutti i mali? Penso a quegli studenti risiedono fuori Treviso e che adesso partono da casa alle sette: se si stabilirà l’ingresso un’ora più tardi, cambierà poco perché prenderanno il bus delle sette e trenta”. Come il collega dello scientifico, anche la dirigente dell’artistico attende le precisazioni e più stringenti indicazioni da parte della Regione e dell’ufficio scolastico regionale.
Nel suo ufficio di Presidenza al “Duca degli Abruzzi”, la prof.ssa Maria Antonia Piva riflette: “Noi siamo per una prassi meno invasiva dello strumento della flessibilità organizzativa, che tenga per altro conto della effettiva organizzazione della vita familiare, oltre che scolastica, dei ragazzi. Già da settembre abbiamo due macroturni mattutini, che potrebbero, se del caso, essere spostati avanti dalle nove in poi. Ma attendiamo comunque indicazioni attuative ministeriali e soprattutto regionali, nell'ambito del patto territoriale sui trasporti, che è il grande nodo critico, di cui per altro nel Dpcm non si parla. Una macroturnazione avrebbe elevatissimi costi energetici in capo alle province e rilevanti problemi anche di natura sindacale per quanto attiene l'orario di servizio del personale scolastico, docente e non”.