Il professore vittoriese: "Mia moglie è in Brasile, vi racconto l'orda fascista"
Il 52enne ci ha inviato un contributo riguardante i fatti accaduti a Brasilia, e noi abbiamo scelto di pubblicarlo integralmente
VITTORIO VENETO - La moglie di Alessio Gava, professore giramondo di origini vittoriesi, abita in Brasile. Lui invece vive e lavora in Marocco. Da settembre insegna materie scientifiche presso la scuola italiana “Enrico Mattei” di Casablanca, ma nel recente passato ha insegnato in Russia e in Brasile. Il 52enne ci ha inviato un contributo riguardante i fatti accaduti a Brasilia, e noi abbiamo scelto di pubblicarlo integralmente.
Domenica, dopo pranzo. Anche oggi c’è un bel sole e temperature da primavera italiana. Decido che percorrerò quel pezzo della vecchia medina che costeggiando le mura porta fino allo shopping center sul mare. Due anni fa lo facevo spesso, ma da quando sono tornato a Casablanca nel settembre scorso, dopo la parentesi di un anno a Mosca, non ci sono ancora andato. Lungo la strada approfitto per entrare finalmente al parco della Liga Araba e successivamente per conoscere il tratto di lungomare che dal Marina Shopping porta alla grande moschea sull’oceano. Lì mi imbatto in una piccola folla di turisti, una delle novità rispetto a due anni fa. Ma per fortuna Casablanca non è un destino turistico. Se sapessero... Scambio due parole con un gruppo di brasiliani, cammino un altro po’ sulla corniche prima di imboccare Boulevard Zerktouni, che mi porterà fin quasi a casa. Osservo una volta di più con quanta facilità si incrociano donne giovani e meno giovani, in gruppetti di due o tre, mentre conversano e ridono spensierate e serene. Più di quanto mi sia capitato di vedere negli altri paesi in cui ho vissuto; più di quanto mi capiti in Italia. Eppure molte di loro indossano il velo. Evidentemente un singolo capo d’abbigliamento non è sufficiente a determinare il grado e il senso di oppressione che una donna può provare. Un tema da sviscerare con le colleghe che conoscono i paesi musulmani meglio di me. Con questi pensieri a farmi compagnia giungo all’appartamento.
Dopo la doccia mi rimetto al computer, inizio a leggere alcune cose, scambio qualche messaggio con amici e conoscenti sparsi qua e là. Un altro tranquillo weekend a Casablanca si sta per concludere. O almeno così credo. Messaggio di Marco, dal Brasile: “cosa stai facendo ora?”. “Niente di particolare, perché?”; “collegati con la CNN Brasil”. Pochi secondi dopo le immagini dell’orda fascista che si è abbattuta su Brasilia e i palazzi del potere fanno irruzione nel tardo pomeriggio domenicale marocchino. Incredulo, ma non sorpreso, consulto i siti dei principali giornali italiani e di altri paesi. Niente. Invio un messaggio a Daniele: “Dove sei? Hai visto cosa sta succedendo a Brasilia?”. Qualche minuto dopo ne sta parlando il mondo intero, ma intanto ‘na Esplanada dos Ministérios’ la devastazione avanza. Invadono prima il parlamento, poi la sede del Tribunale Supremo e in seguito il palazzo presidenziale. Nessuno li ferma. Ancora una volta il Brasile importa ciò che di peggio viene dal nord del continente e offre al mondo una deprimente copia dell’assalto a Capitol Hill. Se qualcuno poteva (ma poteva?) avere dei dubbi su cosa sono stati i quattro anni di governo Bolsonaro, eccone una sintesi quasi perfetta. Mancano solo i morti, che invece durante la presidenza di questo personaggio non sono affatto mancati, tra esecuzioni di indios e abitanti delle favelas e il covid che ha potuto colpire in tutta libertà. L’elenco delle devastazioni e dei retrocessi sarebbe lungo, per fortuna l’incubo è finito. Ma c’è chi vorrebbe che continuasse. Seguo attonito la diretta, fortunatamente la CNN, sempre simpatica all’ex-presidente fuggiasco, stavolta mantiene una posizione di condanna. Non si sentono voci di appoggio a questo atto terrorista, in Florida tutto tace; però nessuno interviene a fermare i selvaggi. Arrivano immagini di poliziotti che chiacchierano con loro e scattano selfie; sai che novità. Non ci sono parole di fronte a tanta brutalità, eppure osservo con la convinzione che quanto sta accadendo non rappresenti l’inizio di un colpo di stato. Un altro, dopo quello del 2016, ma stavolta più brutale, come ‘da tradizione’. No, non accadrà, non ci sono le condizioni. Riesco a trasmettere calma a mia moglie che si trova laggiù e dopo qualche ora spengo tutto e vado a dormire.
Nel frattempo altre forze di polizia hanno ristabilito la ‘calma’ a Brasilia. Una volta in camera da letto, tuttavia, sgomento e un vago senso di angoscia mi pervadono. Mi addormento, ma alle quattro sono già sveglio. Vado al computer, temo un colpo di mano dei militari durante la notte marocchina. Fortunatamente non c’è stato, in Brasile le istituzioni hanno retto l’urto. Il bilancio è noto: palazzi devastati e saccheggiati, opere d’arte distrutte o trafugate, vandalismo di ogni genere. Hanno perfino defecato sui tavoli dei magistrati del Tribunale Supremo. Il mondo intero ha condannato con fermezza le brutalità perpetrate dai ‘bolsonaristas’, si auspica una pacificazione del paese, ma sarà difficile. In settimana abbiamo conosciuto maggiori dettagli dell’assalto dei fanatici di estrema destra, viene fuori (ovviamente) che era parte di un piano preciso, hanno trovato i documenti. Bolsonaro ci è dentro fino al collo, dovrà risponderne. Intanto si è rifugiato in un ospedale di Orlando, altro cliché di certi politici che conosciamo bene anche in Italia. Ma veniamo a sapere anche, dal quotidiano Repubblica, che durante quella notte si è davvero rischiato il colpo di mano dei militari in Brasile, ci è mancato pochissimo. Quel senso di sgomento non era casuale. Passato il peggio (inchallah, dicono qui), ora l’augurio è che esercito e forze di polizia brasliani mostrino finalmente un po’ di senso delle istituzioni e si possa procedere non solo ad una ricostruzione di un paese portato alla rovina da quattro anni di bolsonarismo, ma anche a severe condanne in sede penale di autori e mandanti di un episodio estremamente grave e vergognoso, che rimarrà nella storia già troppo ricca di massacri e devastazioni del maggiore paese del Sudamerica.
Alessio Gava