Ricariche telefoniche, truffa da 30mila euro messa a segno da studente
Ha utilizzato le credenziali del suo ex datore di lavoro per effettuare centinaia di ricariche telefoniche
| Matteo Ceron |
TREVISO – Truffa da 30mila euro messa a segno da un ex dipendente di un negozio di telefonia mobile del trevigiano: è riuscito ad effettuare centinaia di ricariche telefoniche usando le credenziali del suo ex datore di lavoro. La frode è stata scoperta Polizia postale e delle comunicazioni di Treviso a seguito di un’articolata indagine, scattata a maggio scorso, quando il titolare della ditta frodata si è reso conto dell’ammanco del danaro.
Le ricariche effettuate a carico dell’esercizio frodato erano state effettuate da un computer (“dealer station”) non presente all’interno del negozio. Ci si è resi conto, inoltre, che le connessioni telematiche utilizzate per l’interazione con il portale di gestore di telefonia erano ricollegabili a sim telefoniche intestate a persone inesistenti attivate presso lo stesso esercizio commerciale frodato.
Dopo aver avviato un’analisi articolata del traffico telefonico e telematico generato dalle sim, confrontando i dati con i fruitori delle ricariche telefoniche e con le celle telefoniche sollecitate, si è arrivati ad individuare il responsabile: alcuni beneficiari delle ricariche, infatti, erano molto vicini all’autore della frode ed erano suoi “amici” su Facebook, cosa che ha consentito di arrivare in modo relativamente facile anche a lui.
Si tratta di uno studente dell’ultimo anno di una scuola superiore ad indirizzo informatico: è stato sottoposto a perquisizione ad ottobre e con lui sono stati controllati anche altri beneficiari delle ricariche, residenti, oltre che in provincia di Treviso, anche in quelle di Forlì-Cesena, Perugia e Potenza. Cosa che ha consentito di individuare anche un secondo soggetto che aveva acquistato uno “stock” di ricariche su di un sito presente nella rete di anonimizzazione “Tor”, anche attraverso il pagamento in moneta virtuale “Bitcoin”.
La rete “Tor” è un meccanismo in grado di garantire agli utilizzatori un anonimato quasi totale, tale da apparire quasi come un vero e proprio “internet parallelo”, per questo conosciuto come “darknet” (rete oscura), e caratterizzato da molte attività criminali, quali “mercati” virtuali dove è possibile acquistare qualsiasi tipologia di merce, illecita o meno. Sempre più spesso le transazioni illecite su queste reti sono effettuate con la moneta virtuale “Bitcoin”, che consente transazione pressoché anonime, a costo zero ed immediate.
Gli investigatori informatici dovranno ora passare al setaccio il materiale posto sotto sequestro: 10 personal computer, due carte di credito, più di 400 sim telefoniche e parecchio materiale cartaceo. Per questo potrebbero esserci altri sviluppi investigativi.