Sacchetti bio? "I consumatori li hanno sempre pagati"
Legambiente Treviso promuove le nuove bioshopper per gli alimenti
| Isabella Loschi |
TREVISO - Troppe bufale e inesattezze sui sacchetti biodegradabili e compostabili a pagamento per la frutta e verdura che in questi giorni di inizio anno hanno fatto tanto discutere consumatori e commercianti. A puntare il dito conto le “bugie” è Legambiente Treviso che non condivide le lamentele sui sacchetti che invece "fanno bene all’ambiente e aiutano a contrastare il problema dell’inquinamento da plastica". La maggior parte dei negozi ha fissato un prezzo di vendita tra i 2 e 3 centesimi (anche se abbiamo visto che non sempre i conti tornano) per i sacchetti che i consumatori devono utilizzare per acquistare frutta e verdura.
“Da sempre – ribadisce l’associazione ambientalista - i cittadini pagano in modo invisibile gli imballaggi che acquistano con i prodotti alimentari ogni giorno, la differenza è che dal 1 gennaio, con la nuova normativa sui bioshopper, il prezzo di vendita del sacchetto è visibile e presente sullo scontrino, perché l'obiettivo della norma è aumentare la consapevolezza dei consumatori su un manufatto che se gestito non correttamente può causare un notevole impatto ambientale”.
La legge vieta il riutilizzo dei sacchetti? “Questo problema si può ovviare semplicemente con una circolare esplicativa del Ministero dell'ambiente e della salute che permetta in modo chiaro, a chi vende frutta e verdura, di far usare sacchetti riutilizzabili, come ad esempio le retine, pratica già in uso nel nord Europa. In questo modo si garantirebbe una riduzione auspicabile dell'uso dei sacchetti di plastica, anche se compostabile, come già fatto coi sacchetti per l'asporto merci”.