TREVISO – L’appartamento a luci rosse in via Sant’Agostino, al centro di un servizio del programma le “Iene” di Italia Uno nell’aprile del 2010, che ha portato a processo la maitresse trevigiana Bruna Zandonà, accusata di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, ieri è tornato in aula.

La 63enne di Sacile ieri non era presente di fronte ai giudici del tribunale di Treviso durante la deposizione dell'accusa, tra cui una sua ex prostituta che avrebbe confermato, mentre si trovava sul banco dei testimoni, che Bruna Zandonà sarebbe stata solita a pattuire in prima persona i prezzi con i clienti a seconda delle prestazioni richieste e delle ragazze le quali avrebbero dovuto partecipare alle spese d'affitto e delle bollette. Ad avvisare le “Iene”, invece, era stata un’altra delle ragazze che avevano lavorato lì, nome d’arte Linda, che dopo un litigio con la Zandonà, avrebbe denunciato al programma il funzionamento del bordello di via Sant'Agostino. Proprio per far rientrare la bufera la maitresse avrebbe ricontattato Patty minaccinadola: “Mi devi aiutare, devi convincere Linda a non dire niente altrimenti dico io alla tua famiglia il lavoro che fai”. Dichiarazione che aggraverebbe la posizione processuale della Zandonà.

Stando alle accuse sarebbero state una ventina le ragazze che si sarebbero prostituite tra il 2005 e il 2010 nel bordello in pieno centro. Per la Procura, Bruna Zandonà, riceveva i clienti, contrattava il prezzo e tratteneva metà dei guadagni. Proprio alcuni clienti e alcune ex prostitute saranno chiamati sul banco dei testimoni il prossimo 18 luglio, quando il processo tornerà in aula per quella che si annuncia un’udienza “calda”.